La rivoluzione arriva per Pasqua

Redazione
L’apertura di Francesco agli ortodossi: «Una data unica per tutti i cristiani». La lite sui calendari e la diatriba che dura da millenni

«Allora, un cattolico e un ortodosso si incontrano e si chiedono: “Ma il tuo Cristo è risorto?”. “Il mio sì”. “Invece il mio risorge domenica prossima”» (Papa Francesco ai giornalisti durante il volo di ritorno dalla Terra Santa, il 26 maggio 2014).

Gian Guido Vecchi, Corriere della Sera

 

La data della Pasqua diversa fra i cristiani è considerata da Bergoglio un’insensatezza insopportabile. Tanto che venerdì pomeriggio, a San Giovanni in Laterano, ha detto che la Chiesa Cattolica «è disposta a rinunciare» al suo metodo di calcolo (la domenica successiva al primo plenilunio dopo l’equinozio di primavera), in modo da trovare assieme «una data fissa per celebrare la Resurrezione nello stesso giorno a Roma, Costantinopoli e Mosca».

Gian Guido Vecchi, Corriere della Sera

 

Il confronto sulla data, complicato dalla differenza dei calendari, è già avviato da tempo: si è ipotizzata la terza domenica di aprile, e il meridiano di Gerusalemme come riferimento. Ci sono contatti con i patriarchi Bartolomeo (Costantinopoli) e Kirill (Mosca) e con il copto Tawadros.

Gian Guido Vecchi, Corriere della Sera

 

Un breve riassunto storico per comprendere meglio la questione. Con il Grande Scisma o Scisma d’Oriente la Chiesa cattolica si separò da quella di rito ortodosso. La prima propugnava il primato del vescovo di Roma in quanto successore dell’apostolo Pietro, la seconda si riteneva la continuatrice della tradizione delle prime comunità di cristiani. Storicamente il Grande Scisma viene fatto risalire al 1054, anno in cui papa Leone IX scomunicò il patriarca Michele I Cerulario. Quest’ultimo rispose scomunicando a sua volta il Papa. In realtà la divisione fu il frutto di un conflitto e di dispute che si andavano trascinando da parecchi anni.

Luigi Accattoli, Corriere della Sera

 

I cristiani hanno sempre inteso celebrare la Pasqua nel giorno della risurrezione di Cristo, che i Vangeli collocano a metà del mese ebraico di Nisan: al 14° giorno di questo mese cadeva la Pasqua ebraica, che dà il nome a quella cristiana. Subito nacquero divergenze su come trasferire ai calendari ellenistico-romani una datazione del calendario ebraico.

Luigi Accattoli, Corriere della Sera

 

Spiega Luigi Accattoli: «Il conflitto aperto tra Oriente e Occidente risale a papa Vittore I (189-199) e al suo antagonista d’Oriente che fu Policrate vescovo di Efeso: Vittore voleva che la Pasqua fosse celebrata sempre di domenica, comunque venisse calcolato il “14 di Nisan”; secondo Policrate invece la Pasqua si sarebbe dovuta celebrare in qualsiasi giorno uscisse da quel calcolo, fosse o no domenica. Il Concilio di Nicea stabilì nel 325 che la Pasqua coincidesse con la prima domenica successiva alla luna piena che viene dopo l’equinozio di primavera dell’emisfero Nord».

Luigi Accattoli, Corriere della Sera

 

Paolo Rodari: «Nel 525 Dionigi il Piccolo ricevette dal cancelliere papale l’incarico di elaborare un metodo matematico per prevedere la data in base alla regola adottata dal Concilio di Nicea. Trovò nel calendario giuliano, che vigeva all’epoca, che le date della Pasqua si ripetono ogni 532 anni, e compilò una tabella che conteneva l’elenco delle date lungo tutta la durata di tale ciclo. La tabella di Dionigi venne adottata ufficialmente dalla Chiesa cattolica fino alla riforma gregoriana del calendario nel 1582, mentre le Chiese ortodosse, che non hanno aderito alla riforma, la usano tuttora. Di qui le differenze».

Paolo Rodari, la Repubblica

 

«Ne discutiamo dal tempo di Paolo VI. E non ci mettiamo d’accordo! A farla nella data della prima luna dopo il 14 Nisan, andando avanti c’è il rischio, per i nostri pronipoti, che la si celebri ad agosto!» (Francesco di ritorno da Istanbul, il 30 novembre 2014).

Gian Guido Vecchi, Corriere della Sera

 

Nel nostro Paese questa asincronia liturgica non è particolarmente avvertita. Nei Paesi orientali, invece, dove cattolici, ortodossi e protestanti vivono fianco a fianco, celebrare in giorni diversi la più grande festa cristiana provoca non pochi disagi.

Silvia Ronchey, la Repubblica

 

Silvia Ronchey: «Riallineare il calendario liturgico cristiano d’oriente e d’occidente è uno squadrare il foglio del dossier sull’ecumenismo, su cui il papa ha richiamato l’attenzione degli ortodossi di obbedienza russa tra le righe dell’omelia del 6 giugno a Sarajevo, definita la Gerusalemme d’occidente. Il processo era iniziato nella Gerusalemme d’oriente, quasi esattamente un anno fa, quando dall’incontro con il patriarca di Costantinopoli Bartolomeo I era emerso l’intento ufficiale di una celebrazione congiunta tra cattolici e ortodossi del concilio di Nicea del 325: il primo concilio ecumenico che diciassette secoli fa, al tempo di Costantino I, espresse il primo symbolum fidei».

Silvia Ronchey, la Repubblica

 

I tentativi di arrivare a un accordo durano da quasi cent’anni. Una prima proposta nacque in campo laico negli anni ’20 del secolo scorso, per iniziativa della Società delle Nazioni che suggerì a tutte le Chiese di fissare la Pasqua alla domenica successiva al secondo sabato di aprile. La proposta trovò favore negli ambienti protestanti, ma lasciò fredda la Chiesa Cattolica e contrarie le Chiese dell’Ortodossia.

Maurizio Caverzan, il Giornale

 

Toccò poi al Vaticano II rilanciare la questione affermando – nella Costituzione sulla Liturgia (1963) – che la Chiesa di Roma «non ha nulla in contrario a che la festa di Pasqua venga assegnata a una determinata domenica nel calendario gregoriano». Ovviamente già il solo richiamo al calendario gregoriano provocò lo sgradimento degli orientali.

Luigi Accattoli, Corriere della Sera

 

Secondo Silvia Ronchey, il messaggio di Francesco sulla Pasqua «è l’interfaccia religiosa del dialogo col Cremlino, cui Bergoglio, nell’udienza concessa a Putin il 10 giugno, ha mostrato di non voler rinunciare. Se nella strategia del papa l’accordo interconfessionale tra i cristiani è la priorità nella “terza guerra mondiale combattuta a pezzi”, la parte più difficile del suo lavoro è neutralizzare con abili mosse le diffidenze interne a entrambe le chiese. Se l’apertura di Francesco a Putin ha incontrato, oltre a quelle degli stati occidentali, le pressioni contrarie degli uniati di Kiev, all’interno del fronte ortodosso l’equilibrio da stabilire è tra chiesa russa e patriarcato ecumenico. In questa luce vanno lette le parole augurali sul prossimo Concilio Panortodosso».

Silvia Ronchey, la Repubblica

 

Nel 2016 infatti dovrebbe riunirsi a Istanbul un Concilio Panortodosso, cioè di tutte le Chiese dell’Ortodossia. Il pressing di Francesco sulla data della Pasqua — è almeno la quarta volta che ne parla in pubblico da quando è Papa — mira a facilitare il compito al moderatore del Sinodo, che è il Patriarca di Costantinopoli Bartolomeo.

Franca Giansanti, Il Messaggero

 

Per Accattoli «sarebbe ingenuo immaginare che l’accordo possa arrivare in tempi rapidi: pur trattandosi di una questione minore, non bisogna dimenticare che spesso ai religiosi appare grande ciò che alla ragione laica parrebbe piccolo».

Luigi Accattoli, Corriere della Sera

 

«È grande la preoccupazione del Papa non soltanto per le sorti delle comunità cristiane in Paesi e in territori in cui l’islam è fortemente maggioritario e in cui esse hanno problemi di sopravvivenza fisica; ma anche per il ruolo che le chiese ortodosse possono avere in nazioni (come la Russia e l’Ucraina) che sono al centro di conflitti identitari ed etnici. Ciò vale soprattutto per l’Ucraina, dove la confessione maggioritaria (la chiesa ortodossa cattolica) è chiamata dal Pontefice a svolgere un ruolo di maggior mediazione politica grazie alla sua duplice identità “ortodossa” e “cattolica”. Come sempre dunque in questo pontificato, un gesto religioso ha anche una forte valenza geopolitica».

Franco Garelli, La Stampa

 

Paolo Rodari: «Per il Papa argentino l’annuncio di venerdì trova motivi anche nel suo personale stile di governo. La Chiesa che egli persegue deve uscire dalle proprie certezze, sicurezze, dai perimetri del proprio uscio. Deve essere una Chiesa “in uscita” sia in senso geografico che ecumenico, nel rapporto con tutti gli altri cristiani. Un’azione, quest’ultima, che più di altri lo avvicina al suo predecessore, Benedetto XVI, che il 29 maggio del 2005, circa un mese dopo la sua elezione, disse a Bari: “Vorrei ribadire la mia volontà di assumere come impegno fondamentale quello di lavorare con tutte le energie alla ricostituzione della piena e visibile unità di tutti i seguaci di Cristo”».

Paolo Rodari, la Repubblica

 

Paolo Di Stefano: «La Pasqua è la Pasqua. Comunque domenica, così come il venerdì santo non cadrà di mercoledì, si presume. Dopo oltre un millennio, però, se il proposito del Papa andrà a buon fine, la prima conseguenza tangibile sarà nel lessico famigliare, che verrà depauperato di una delle domande più ricorrenti non appena passate le feste di Natale: “Quest’anno quando cade la Pasqua?”».

Paolo Di Stefano, Corriere della Sera

 

 

a cura di Luca D'Ammando

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