Quello che c'è di vero nella reticenza dei testi di Mafia capitale

Massimo Bordin
La reticenza dei testi citati dall'accusa come vittime di usura ed estorsione è il tema che alcuni giornali hanno proposto come dominante di questa fase del processo “Mafia capitale”. C'è del vero, ma non c'è solo questo. Un'udienza emblematica di qualche tempo fa si è aperta con la deposizione di u

La reticenza dei testi citati dall’accusa come vittime di usura ed estorsione è il tema che alcuni giornali hanno proposto come dominante di questa fase del processo “Mafia capitale”. C’è del vero, ma non c’è solo questo. Un’udienza emblematica di qualche tempo fa si è aperta con la deposizione di un autista Ncc vittima di un reato di usura e di estorsione per un totale di poco più di duemila euro. Tutto nasceva da buoni benzina acquistati con assegni. Poi però è salito sul banco dei testimoni Marco Milanese, che ricorderete come consigliere del ministro Tremonti. Milanese era sentito sulle pressioni esercitate dall’allora sindaco Alemanno per piazzare nel nel Cda dell’Enav Fabrizio Testa, che è imputato in questo processo in veste di uomo cerniera fra Carminati e il mondo della politica romana.

 

Il salto fra il microcosmo del distributore di corso Francia, dove Carminati e i suoi sodali si dedicano a taglieggiamenti, anche di basso profilo, e il mondo della politica e dei consigli di amministrazione è la scommessa dell’ipotesi accusatoria. Da questo punto di vista il personaggio chiave di tutta l’indagine resta Salvatore Buzzi, con i suoi contatti e il cospicuo giro d’affari e relazioni della sua cooperativa. Soprattutto dopo che è caduta l’imputazione di 416 bis per l’ex sindaco Alemanno, peraltro imputato in un processo parallelo nato dalla stessa indagine.