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la storia

I referendum sulla fecondazione assistita vent'anni dopo

Assuntina Morresi

Il silenzio calato su una battaglia che ha segnato la storia italiana. Nonostante la damnatio memoriae, questo anniversario va ricordato per capire cosa ha funzionato e cosa no. E soprattutto perché

Sono passati venti anni dai referendum che hanno confermato la legge 40 sulla fecondazione assistita: uno degli eventi più significativi della presenza culturale, e quindi politica, dei cattolici nel nostro paese, quando l’intera Chiesa italiana, compatta, si è confrontata apertamente con la modernità, guidata dai suoi vescovi in sintonia con i due Papi che quell’anno si sono succeduti. Una battaglia referendaria che ha segnato la storia del nostro paese, e che resta un riferimento per la cristianità occidentale, nel metodo e nel merito della presenza dei cattolici nell’agorà. È stata uno dei frutti maturi del lungo pontificato di Giovanni Paolo II, della sua piena sintonia con il cardinale Camillo Ruini, vicario generale del Papa per la diocesi di Roma e presidente della Conferenza episcopale italiana, con Joseph Ratzinger a guidare la congregazione per la Dottrina della fede dal 1982, nel pieno affermarsi dei movimenti e di tanto laicato cattolico. Un mondo che adesso non c’è più, e soprattutto appare lontanissimo, quasi estraneo, nonostante siano passati solo venti anni: appena le condizioni lo hanno permesso, quella stagione è stata frettolosamente messa in un angolo e investita da una damnatio memoriae a opera di tanti, a partire da ambienti cattolici in cui pure, o forse nonostante i quali, era fiorita; ambienti dove adesso, piuttosto, di quell’impresa si parla poco e male, un po’ come succede nelle buone famiglie quando si nomina per errore il parente scapestrato di cui quasi ci si vergogna, e si chiude il discorso a mezza bocca e con espressioni malevolmente allusive. E invece questo anniversario va ricordato, non per celebrare il bel tempo che fu, ma per capire cosa ha funzionato e cosa invece è cambiato nel frattempo, e soprattutto perché.


Non si comprende il senso dell’impegno dei cattolici in politica, in particolare in quella battaglia referendaria, se non si ha presente che Papa Wojtyla non pensava i cristiani in chiave minoritaria, non guardava come ineluttabile la scristianizzazione dell’occidente, ma riteneva che la proposta cristiana potesse e dovesse inondare la modernità, rendersi platealmente visibile e condivisibile. In altre parole, Papa Wojtyla pensava, e testimoniava appassionatamente, che non fosse possibile non credere a Gesù Cristo, che non fosse possibile non cedere alla Sua irresistibile presenza. E per questo riteneva che il nostro paese avesse un compito particolare: “Consapevole delle formidabili sfide che emergono dai ‘segni dei tempi’, come vescovo di Roma mi rivolgo con profondo affetto a voi, vescovi delle Chiese che sono nella penisola e nelle isole, vescovi del nord, del centro e del sud d’Italia, per condividere preoccupazioni e speranze e, in particolare, per rendere testimonianza a quell’eredità di valori umani e cristiani che rappresenta il patrimonio più prezioso del popolo italiano. […] Sono convinto che l’Italia come nazione ha moltissimo da offrire a tutta l’Europa. Le tendenze che oggi mirano a indebolire l’Italia sono negative per l’Europa stessa e nascono anche sullo sfondo della negazione del cristianesimo. […] All’Italia, in conformità alla sua storia, è affidato in modo speciale il compito di difendere per tutta l’Europa il patrimonio religioso e culturale innestato a Roma dagli apostoli Pietro e Paolo”. (Messaggio di Giovanni Paolo II ai vescovi italiani, 6 gennaio 1994).


Chi guida la Chiesa in quegli anni è quindi consapevole di un compito e, al tempo stesso, dell’emergere di una sfida. Il primo è la necessità di custodire l’eccezione italiana, cioè il lungo persistere nel nostro paese, diversamente dal resto del nostro continente, di una profonda e capillare innervazione cristiana, innestata personalmente dagli apostoli Pietro e Paolo: una sorta di lievito madre indispensabile per far vivere e rifiorire la cristianità dell’Europa. E la seconda è la centralità della “questione antropologica”: “Sta imponendosi infatti, e appare destinata a diventare sempre più acuta e pervasiva nel tempo che sta davanti a noi, una ‘questione antropologica’ che, a differenza da un passato anche non lontano, tende non soltanto a interpretare l’uomo, ma soprattutto a trasformarlo: e questo non limitatamente ai rapporti economici e sociali – come avveniva nella prospettiva del marxismo – ma assai più direttamente, e radicalmente, nella nostra stessa realtà biologica e psichica. Tutto ciò si realizza principalmente attraverso l’applicazione al soggetto umano degli sviluppi delle scienze e delle tecnologie, secondo una progressione molto rapida che finisce per apparire quasi indipendente dalla nostra volontà. […] E’ evidente come simili posizioni mettano radicalmente in questione la sostanza stessa della nostra fede”. La questione antropologica “sembra essere la sfida più radicale del nostro tempo […] non solo i credenti in Cristo sono chiamati a prendervi parte e a svolgervi un ruolo, ma tutti coloro che condividono i fondamenti della nostra civiltà e ritengono di non poter rinunciare alla centralità della persona umana: è questo dunque un campo aperto a genuine e importantissime collaborazioni (prolusione del card. Ruini all’assemblea generale della Cei del 20-24 maggio 2002).
 
E’ con queste premesse che il 17 gennaio 2005 il cardinale Ruini al Consiglio permanente della Cei dà la linea sugli imminenti referendum sulla legge 40, approvata solo l’anno prima, sulla fecondazione assistita: referendum che non sono una disgrazia – scottano ancora le pesanti sconfitte precedenti, sul divorzio e sull’aborto, ma stavolta l’atteggiamento della Chiesa è molto diverso – ma una “opportunità per rendere il popolo italiano più consapevole dei reali problemi e valori in gioco”, nonostante sia chiaro che non si tratta di una legge cattolica – per la Chiesa è lecita eticamente solo la procreazione naturale – ma che “ha il merito di salvaguardare alcuni princìpi e criteri essenziali”, comuni anche a molti non credenti. Sarà quindi necessario difendere la 40 con “tutte le possibilità previste dal legislatore”. E sarà l’astensione la scelta unitaria e vincente del mondo cattolico, che coinvolgerà tanti laici. E’ nella successiva prolusione al Consiglio permanente della Cei, a marzo, che il cardinale Camillo Ruini spiega nel dettaglio il metodo che si sta seguendo: “Si è costituito il Comitato Scienza & vita per impedire il grave peggioramento della legge sulla procreazione assistita che avrebbe luogo se i referendum avessero esito positivo. Il Comitato dà voce alla grandissima e altamente significativa unità che i molteplici organismi cattolici hanno saputo raggiungere su questo tema tanto importante e delicato, ma esprime anche e anzitutto una posizione razionalmente fondata che va nettamente al di là delle appartenenze religiose e partitiche riunendo molte personalità del mondo scientifico, culturale, professionale e politico.


E’ chiaro il senso dell’indicazione di non partecipare al voto: non si tratta in alcun modo di una scelta di disimpegno, ma di opporsi nella maniera più forte ed efficace ai contenuti dei referendum e alla stessa applicazione dello strumento referendario in materie di tale complessità. In concreto è necessaria la più grande compattezza nell’aderire all’indicazione del Comitato, per non favorire, sia pure involontariamente, il disegno referendario. Da parte nostra ci dedicheremo soprattutto alla formazione delle coscienze riguardo alla dignità della vita umana fin dal suo inizio, alla tutela della famiglia e al diritto dei figli di conoscere i propri genitori. Faremo ciò con quello stesso amore e sollecitudine per l’uomo che si esprime nella cura della Chiesa per i poveri e le altre persone in difficoltà, nell’educazione dei bambini e dei ragazzi, nella vicinanza ai malati e agli anziani. Questo amore per l’uomo è ugualmente amore e stima per la sua intelligenza e per la sua libertà: è dunque decisamente a favore del progresso delle scienze e delle tecnologie, in particolare di quelle che curano e prevengono le malattie, e proprio per questo si oppone a quelle forme di intervento che ledono e sopprimono la vita umana nascente”.
 
I referendum si terranno il 12 e 13 giugno, con un nuovo Papa, Benedetto XVI, che condivide e sostiene pienamente e pubblicamente la linea del presidente della Cei. La grande stampa sarà quasi tutta impegnata a rappresentare il fronte del sì, i detrattori della legge 40: tanto mondo dello spettacolo e dei “salotti buoni”, con quasi tutti i media pesantemente schierati per la modifica radicale della legge, a partire dal Corriere della Sera e Repubblica. Sarà ignorata invece la mobilitazione imponente, capillare e compatta del mondo cattolico in quei mesi, quando letteralmente tutti – gruppi e singoli, parrocchie, associazioni e movimenti, laici e religiosi – sono  impegnati a dare ragione della propria astensione entrando nel merito dei quesiti referendari, affrontandoli dal punto di vista scientifico, filosofico, giuridico, e man mano che la campagna va avanti, i numerosissimi incontri pubblici promossi da chi sostiene l’astensione sono sempre più partecipati e affollati, mentre fanno fatica a riempire le sale i sostenitori dei referendum, proprio quelli che dovrebbero, invece, mobilitare la gente convincendola ad andare a votare. Va riletto il bilancio finale che ne fa Sandro Magister il 16 giugno con uno storico pezzo sull’Espresso che inizia con “Otto milioni nelle cabine elettorali, sedici milioni a messa”, sottolineando come i sostenitori del referendum abrogativo fossero riusciti a portare a votare solo la metà della gente che la domenica va alla messa. Decisiva nella battaglia referendaria la guida del cardinale Ruini: “La Chiesa l’ha seguito con una compattezza che non ha precedenti nell’ultimo mezzo secolo. Non perché ubbidiente, ma perché convinta. E’ avvenuto così tra i 250 vescovi in carica, da gennaio in poi costantemente concordi con il loro presidente. E’ avvenuto così con il grosso dei fedeli”, coordinati dal Comitato Scienza & Vita a cui “hanno aderito i capi di tutte le principali componenti del mondo cattolico associato, dall’Azione cattolica alle Acli, da Comunione e Liberazione ai Focolarini. E queste a loro volta si sono attivate in proprio, con i loro gruppi dirigenti al completo. I rari dissidenti dalla linea Ruini bisognava tutti cercarli tra gli ex membri di tali associazioni, in molti casi usciti da esse non anni ma decenni fa. […] E sui temi ardui che erano oggetto dei referendum, il mondo cattolico è stato sottoposto per mesi a un’alfabetizzazione massiccia, teologica, filosofica, scientifica, fatta di migliaia di incontri nelle parrocchie, per iniziativa di persone e gruppi preesistenti o di nuova nascita, d’età media decisamente giovane”.

A sostegno dell’astensione l’Avvenire di Dino Boffo, soprattutto con un suo inserto speciale dal titolo “E’ vita”, cinquanta edizioni a partire dal 10 febbraio, e il Foglio di Giuliano Ferrara, che svolgerà un ruolo decisivo di raccordo fra cattolici e laici, aprendo un varco proprio fra questi ultimi. Lo sottolinea Eugenia Roccella, all’epoca giornalista e femminista laica secondo Magister, che proprio in quei mesi inizia la sua collaborazione con Avvenire, e la mattina del 12 giugno firma un editoriale in prima preconizzando la vittoria dell’astensione: “Il fronte laico si è spaccato, come non era accaduto altre volte, e il dibattito ha infiammato gli animi e riempito le pagine dei quotidiani. L’opera di controinformazione svolta da giornali come il Foglio e Avvenire ha incrinato la superficie brillante della ‘libera scelta’, della ‘salute delle donne’, dei ‘diritti della ricerca’ e delle ‘speranze di guarigione dei malati’. Da queste crepe sono filtrati concetti pericolosi, materiale incandescente: la prospettiva concreta dell’eugenetica, una concezione della ricerca che non tollera limitazioni etiche, l’illusorietà delle promesse di terapie a portata di mano, l’esistenza di un mercato globale del corpo e della vita. L’approfondimento della discussione ha fatto franare la semplificazione propagandistica più insinuante, quella che la legge 40 fosse ‘contro le donne’. […] Soprattutto, sono entrati in gioco gli scenari futuri della nascita e della maternità. […] Forse andrebbe detto con più onestà che destrutturare, anche simbolicamente, la genitorialità e la nascita non è facile come sembra […] Scivolando, in corsa, sul sogno scientista di un’umanità asetticamente felice, i sostenitori del sì sono stati costretti a frenare, oppure sono inciampati su ostacoli imprevisti. E’ stato questo, prima di tutto, il vero successo del dibattito sul referendum”.

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