editoriali

Abortire senza il consenso dei genitori

Redazione

La riforma della legge in Spagna, dove la battaglia culturale era già finita

Oggi in Spagna l’aborto è un diritto di libertà procreativa. L’eugenetica uno strumento di progresso. La pillola è del giorno prima, del giorno dopo, di domani. La fecondazione a tutti i costi, perché i figli sono un diritto e l’eterologa una condizione di beatitudine per la mamma single e le coppie Lgbt. Il matrimonio gay una bandiera ideologica. Mancava un ultimo passaggio. 

 
In Spagna la nuova legge sull’aborto ha già una data di approvazione. La ministra per l’Uguaglianza, Irene Montero, del partito di Podemos, ha annunciato che la sua intenzione è quella di portare la riforma della legge al Consiglio dei ministri martedì 17 maggio. Il testo amplierà diritti non riconosciuti finora dalla legge e abrogherà il divieto per i minori di 16 e 17 anni di interrompere la gravidanza senza l’autorizzazione dei genitori, un provvedimento introdotto durante il governo del Partito Popolare dall’allora ministro della Giustizia Alberto Ruíz Gallardón, che si dimetterà nel 2014 dopo il fallimento della sua legge restrittiva.  

 

Durissimo l’arcivescovo di Alcalà de Henares (Madrid), Antonio Reig Pla, per il quale dal 1985, anno in cui è stata depenalizzata l’interruzione volontaria di gravidanza in Spagna, “l’aborto ha provocato più vittime della Guerra civile spagnola”. I toni sono accesi, ma la battaglia culturale appare già vinta, almeno nell’opinione pubblica. Sondaggi parlano dell’ottanta per cento della popolazione contraria a ogni restrizione. Nel 1998 gli aborti erano stati 54 mila. Nel 2020, 94mila.  Siamo in un (ex) paese cattolico in cui “una lince è più protetta di una vita umana”, come recitava un vecchio manifesto pro life.

Di più su questi argomenti: