
Re Giovanni circondato da baroni e vescovi firma la Magna Carta a Runnymede, 1215 (Foto Florilegius/Universal Images Group via Getty Images)
bandiera bianca
Carta canta (ma non convince). I britannici, la libertà e noi
Il governo Starmer rilancia il progetto per una carta d’identità digitale, ma esplodono polemiche bipartisan: nel Regno Unito l’idea di mostrare documenti evoca scenari da regime. L’ennesima conferma della secolare lotta dell’individuo contro lo stato
Leggo che oltremanica infuria la polemica sul progetto del governo Starmer di introdurre la carta d’identità digitale nel Regno Unito, ipotesi contro cui protesta non solo l’opposizione ma anche parte dello stesso partito laburista. Identica polemica bipartisan era impazzata qualche anno fa, quando il governo conservatore aveva imposto l’utilizzo di un documento di identità per poter essere ammessi ai seggi nel giorno delle elezioni. Gli inglesi giustamente inorridiscono alla sola idea di dover portare sempre addosso un pezzo di carta su cui siano fissate le proprie generalità, e ancor più di fronte all’evenienza – che lo stesso Starmer si è precipitato a escludere – di venire fermati per strada da forze dell’ordine che intimino di favorire i documenti, come nelle peggiori dittature di destra e di sinistra.
Trovo sia la miglior conferma di quanto sosteneva quasi cent’anni fa Paul Morand in “Londres” (in Italia lo ha da poco tradotto Settecolori), e cioè che la storia d’Inghilterra coincide con la lotta dell’individuo contro lo Stato: è per questo che hanno ottenuto la Magna Charta nel 1215, una sorta di Parlamento già nel 1238, la sovranità parlamentare nel 1688, la libertà nel secolo in cui tutti erano nazisti o comunisti.
Noi italiani, che troviamo normale avere il portafoglio traboccante di certificati e ciò nondimeno tremiamo ogni volta che li porgiamo alla pubblica sicurezza perché non si sa mai, non dobbiamo solo domandarci quando abbiamo smesso di lottare. Dobbiamo chiederci se abbiamo mai davvero combattuto.