bandiera bianca

Se il bene comune ignora i cittadini

Antonio Gurrado

Nel caso milanese, la procura oppone l’astratto “interesse pubblico” ai vantaggi concreti per la collettività. Un ribaltamento logico che rischia di svalutare sviluppo e partecipazione

Leggo sul Corriere che la locale Procura della Repubblica avrebbe contestato al Comune di Milano di avere fatto passare in secondo piano l’interesse pubblico rispetto agli interessi privati, con un progetto “che secondo i magistrati avrebbe sì fatto risparmiare il Comune ma avrebbe valorizzato enormemente le aree circostanti”. In quel sublime “ma”, dove il buon senso avrebbe messo una “e”, sta tutta la paradossale logica della caccia alle streghe immobiliari nonché, in generale, della mentalità giustizialista: consiste in un culto dell’interesse pubblico controfattuale, autolesionistico e astratto. Controfattuale perché, se il Comune risparmia, risparmiano i cittadini che di quel Comune fanno parte dal 1045, quando non esistevano ancora né la Procura né la Repubblica. Autolesionistico perché il contrario di valorizzare è svalutare, deprezzare, sminuire, svilire, sfruttare, ed è dunque ciò che al Comune si contesta di non avere fatto. Astratto, infine e soprattutto, perché questo vagheggiato interesse pubblico somiglia molto alla volontà generale di Rousseau: un assunto politico stabilito a priori e campato in aria, che secondo il filosofo ginevrino non può essere contestato nemmeno qualora sia contraria tutta la popolazione all’unanimità. In concreto, invece, l’interesse pubblico è dato dalla somma degli interessi privati dei singoli cittadini, i quali non sono angeli che fluttuano fra le nuvolette dei nobili principii, bensì persone in carne e ossa, libere di scegliere come far amministrare il posto dove abitano e, nel caso, cambiare idea alle elezioni successive. L’interesse pubblico che non tiene conto degli interessi privati è l’interesse di nessuno.

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