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Bandiera Bianca
Il ritorno dei pluralia tantum
Declinare il termine "antisemitismo" al plurale significa evocare un lessico sfumato che attenua la condanna? L’odio resta tale, anche se indossa il volto del barboncino invece che quello del rottweiler
I pluralia tantum, vecchio ricordo del ginnasio, sono tornati a tormentarmi quando ho notato che sempre più spesso si inizia a parlare di “antisemitismi”. Come accadde qualche anno fa per le “mafie”, spesso nell’onnicomprensivo sintagma “tutte le mafie”, mi interrogo su quest’improvvisa e misteriosa promozione dell’antisemitismo a sostantivo plurale; e mi domando, nello specifico, a quale dei tanti “antisemitismi” appartenga, che so, la svastica disegnata col gesso sull’asfalto della stradina di Milano dove abito oppure i manifesti – coraggiosamente anonimi – con la scritta “Israeli not welcome”, che ho visto affiorare un paio di giorni fa su Corso Lodi. Del resto, parlare di “antisemitismi” al plurale significa sottintendere che ce ne siano di vari tipi, diversi per gradazione e intensità, e che pertanto a un antisemitismo più grave e becero possa corrispondere un antisemitismo più lieve ed elegante, un antisemitismo domestico se non addirittura da salotto, un mansueto antisemitismo che con il suo omonimo più muscolare e aggressivo non ha da spartire nulla più di quanto un barboncino sia imparentato a un rottweiler. Un antisemitismo da passeggio, che sembra così grazioso, almeno finché non morde.