
François Gérard, Amore e Psiche (1798), Olio su tela, Parigi, Museo del Louvre, dettaglio (Wikimedia commons)
Bandiera Bianca
I limiti degli angeli
Riprendere in mano "Benedetto è il frutto" di Rachel Ingalls – scritto nel 1985– per indagare l'equilibrio tra mistero, identità e religione. Secondo episodio del "Piccolo prontuario di libri benefici"
Piccolo prontuario di libri benefici, mentre un malanno epocale mi isola dal resto del mondo e dalle sue lusinghe. Due: “Benedetto è il frutto” di Rachel Ingalls, e in particolare il racconto di apertura (1985) che dà il titolo alla raccolta appena pubblicata da Adelphi. In un monastero, un frate riceve la visita di un angelo; nel giro di poco tempo, il frate acquisisce fattezze femminili e appare in dolce attesa. È un mitomane? Un indemoniato? Un ermafrodito di facili costumi?
È significativo che questo lungo racconto sia stato scritto quarant’anni fa. Oggi, molto probabilmente, verrebbe impostato come una favola queer che ruota attorno all’amore, termine onnicomprensivo che viene sparso come rucola su tutto e al cui senso vago e ambiguo dobbiamo buona parte degli equivoci e delle incomprensioni in materia di religione e non solo. All’epoca – erano solidi tempi giovanpaolini – la questione sembrava piuttosto essere se e quanto la religione dovesse accogliere il sovrannaturale.
Se una religione non crede che un angelo possa oltrepassare i limiti imposti dalla biologia, allora non è abbastanza ambiziosa; se però crede che i limiti imposti dalla biologia possano essere scardinati di continuo da angeli che passano a casaccio, allora non è abbastanza credibile. Il mistero della religione, l’insufficienza del corretto funzionamento della ragione e la necessità di farci comunque affidamento, sta tutto in questo equilibrio precario.