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Bandiera bianca

Basta con la mestizia di Riad: la prossima Supercoppa facciamola in Africa

Antonio Gurrado

Tra gli spalti della capitale saudita mancano sguardi luminosi e sorrisi smaglianti. Niente a che vedere con la gioia della tifoseria ivoriana per la Coppa d'Africa. Consigli per la prossima edizione

Certo però che balza all’occhio il confronto, nello zapping incontrollato e nevrotico del calciofilo imbizzarrito, fra gli spalti della Supercoppa italiana e quelli della Coppa d’Africa. Della prima, a Riad, non colpisce tanto la scarsità del pubblico (del resto, cosa gliene frega ai sauditi della Lazio e della Fiorentina?) quanto piuttosto la mestizia che si respira, il sospetto insopprimibile che qualcuno abbia ficcato a forza una maglietta nerazzurra addosso a dei piccoli innocenti per farli esultare a comando, la serpeggiante sensazione che manchi qualcosa di indefinito – salvo poi accorgersi che sì, a mancare sono quegli sguardi luminosi e sorrisi smaglianti che i cameraman rubano alle tifoserie in tribuna, e che non possono essere eguagliati dal più candido lenzuolo di uno sceicco.

Si cambia canale ed ecco che, in Costa d’Avorio, il pubblico potrà anche essere esiguo ma fa casino, canta e balla, si presenta colorato e ambosesso, è sinceramente entusiasta di star assistendo a una partita di calcio anche se è così così. Donde un’ideuzza sorta dal dettaglio che all’Arabia Saudita abbiamo venduto solo quattro delle prossime sei edizioni della Supercoppa: una finiremo per farla di sicuro in America e vabbe’, è il dazio da pagare ai Mondiali oltreoceano; ma perché non organizzare l’altra edizione nell’Africa nera? I giocatori di Serie A, adusi all’indifferenza o all’invettiva (quando non al razzismo, come è capitato sabato al portiere del Milan), ne trarrebbero un po’ di gioia schietta e si ricorderebbero che il calcio non è una corvée. Certo, in Africa potrebbero non darci tanti soldi quanti in Arabia Saudita. Però potremmo dargliene un po’ noi; sarebbe una bella pubblicità. 

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