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bandiera bianca

L'università di Bristol cancella tabacco, zucchero e cacao dal suo passato

Antonio Gurrado

L'ateneo ha deciso di disfarsi dei retaggi di due finanziatori di inizio Novecento che commerciavano prodotti lavorati dagli schiavi. Con una sigaretta, un caffè dolce e una tavoletta di cioccolato oggi anche una matricola diventerebbe un ribelle

Che peccato non avere studiato all’università di Bristol! Non tanto per fregiarsi di uno stemma con dentro una caravella, un delfino e un cavallo, a fronte di quegli insignificanti loghi di università nostrane con scettri, corone e pallii. Nemmeno perché il delfino di cui sopra farà presto una brutta fine, in quanto insegna di famiglia di Edward Colston, trafficante di schiavi fra Sei e Settecento, da cui però l’ateneo inglese non ha ricevuto manco una sterlina bucata, essendo stato fondato centocinquant’anni dopo la sua morte. E, vi dirò, neppure per la levatura morale e per l’acribia con cui l’università ha deciso di disfarsi dei retaggi di due finanziatori di inizio Novecento, i quali non erano coinvolti nel traffico di schiavi, attenzione, ma commerciavano tabacco, zucchero e cacao, prodotti che alla schiavitù possono essere ricondotti in senso lato, per associazione d’idee. Ecco, che peccato non avere studiato all’università di Bristol: da matricole, quando si vuole passare per ribelli, sarebbe bastato accendersi una sigaretta, bere caffè dolce e comprare una tavoletta di cioccolato per avere fama di criminali.

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