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bandiera bianca

Farsi un giro in una città universitaria per capire quanto s'è svalutata la laurea

Antonio Gurrado

La ricetta che le università italiane hanno intrapreso per aumentare il numero degli studenti è stata abbassare il livello dei percorsi di studio. E i festeggiamenti dei neolaureati ne sono una prova

Passavo per caso da una città universitaria quando mi son creduto in una di quelle allegorie liberty di Giulio Aristide Sartorio, circondato da giovinette e ragazzuoli incoronati di fronde e pampini. C’era invece solo stata una sessione di laurea e le strade del centro erano infestate, pardon, rallegrate dal festoso riversarsi di neolureate e neolaureati con il codazzo di parenti e con lo sciame di amici. Basta trovarsi per strada in una città universitaria per cogliere il contrasto lombrosiano fra la coroncina e l’espressione vacua e ottusa di molti dei festeggiati, fra la nobiltà del lauro e la sua diffusione di massa.

Basta trovarsi per strada in una città universitaria per comprendere come le statistiche sui pochi laureati in Italia abbiano ingenerato l’erronea credenza che non si debba incrementare il numero di studenti in grado di laurearsi degnamente bensì abbassare il livello della laurea facendo piovere coroncine in testa a chiunque. Basta trovarsi per strada in una città universitaria per sperare in un miracolo: che dette coroncine restino perennemente incollate al cranio dei laureati (due una sull’altra in caso di laurea magistrale, un cesto di frutta tipo Carmen Miranda in caso di dottorato di ricerca), costretti così a sfoggiare per tutta la vita il fugace orgoglio per un titolo reso inutile dall’elargizione. Potrebbe essere l’estremo deterrente per selezionare i più motivati.

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