bandiera bianca

L'ingorgo dei ricordi

Antonio Gurrado

Siamo sicuri che ogni emozione meriti un ritratto?

Sarà poi vero che ogni emozione merita un ritratto, come cerca di convincermi la pubblicità di uno smartphone di fianco a cui sono bloccato nel traffico da un tempo sufficiente a farmi rimpiangere di essere nato? Giacché non posso andare né avanti né indietro, ci penso su. I ritratti più belli della storia sono quelli più impenetrabili: il Carlo V di Tiziano è solenne perché imperscrutabilmente inespressivo, e chissà cosa cacchio sta provando la Gioconda. Il Diderot di Fragonard non è Diderot più di quanto non sia la proiezione impersonale di cosa significhi essere filosofo nel settecento, e il Joyce di Brancusi è fatto soltanto di linee curve e rette ben distinte. Questo perché il ritratto è eterno e le emozioni temporanee: io, ad esempio, in questo momento provo fortissima emozione al desiderio di staccare la testa agli automobilisti che girano su viale Cermenate dalla corsia centrale, o che bruciano il semaforo quasi rosso piantandosi in coda di traverso davanti a noi che abbiamo il verde. Sono sicuro che quest’emozione meriti un ritratto? Sono sicuro di voler essere ricordato per sempre così, stravolto e furioso fra i tubi di scappamento? Le emozioni sono in fondo di due tipi: quelle negative, che è bene passino in fretta; e quelle positive, che passano lo stesso lasciandoci nel rimpianto. Se ogni emozione meritasse un ritratto, resteremmo per sempre bloccati in un ingorgo di ricordi che sarebbe meglio dimenticare.

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