(foto Ansa)

bandiera bianca

Uno sciopero generale vecchio cent'anni

Antonio Gurrado

Quello di oggi è contro precariato e sfruttamento. Segno di un'era povera di astiosa recriminazione più che di gioiosa rivendicazione. Speriamo non finisca come nel 1922

Buonasera, sono uno striscione steso in piazzale Lodi, a Milano, con la scritta: “11 ottobre sciopero generale contro precariato e sfruttamento”. Mentre garrisco sulla rotonda attorno a cui le macchine sfrecciano notandomi sì e no, mi accorgo di recare una data poco specifica; mi sforzo pertanto di indovinare che anno è. Allora, lo sciopero è uno strumento di fine Ottocento ma il primo sciopero generale in Italia risale al 1904, quindi sicuramente è più tardi, non credo di averlo inventato io adesso. Lo sciopero contro, anziché in favore di qualcosa, mi fa intuire che siamo in un tempo di contrazione economica, un’era povera di astiosa recriminazione più che di gioiosa rivendicazione. Inoltre l’astensione collettiva dal lavoro mi fa presagire che siamo ancora in un periodo storico in cui tutti lavorano simultaneamente, non esiste flessibilità o smartizzazione. Il precariato: sicuramente non siamo ancora in un’epoca in cui cambiare lavoro è abituale e la capacità di reinventarsi diffusa come la sua necessità. Lo sfruttamento: significa che ci troviamo ancora nell’orizzonte di un mercato del lavoro antiquato, da dialettica hegeliana, in cui i diritti fondamentali dei lavoratori – ad esempio di quei poveracci che mi passano davanti scansando le macchine delle persone a cui portano la cena – sono ancora lontani dall’essere riconosciuti. L’11 ottobre sciopero generale: secondo i miei calcoli siamo nel 1921; speriamo che l’anno prossimo non sia il ’22.

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