Amanda Gorman, durante la cerimonia di insediamento di Joe Biden come presidente degli Stati Uniti (Ansa) 

Bandiera Bianca

La cosa più interessante della poetica di Amanda Gorman? I soldi

Antonio Gurrado

La celebre poetessa ci insegna che la pubblicità si fa per profondo coinvolgimento emotivo, mica per denaro

C’è una cosa che m’interessa moltissimo della poetica di Amanda Gorman: i soldi. Non mi riferisco solo al fatto che l’edizione italiana di “The Hill We Climb” costi dieci euro per centocinquanta versi, stampati solo recto una strofa per pagina senza testo a fronte né note esplicative, mentre in casa ho l’edizione critica di una raccolta di tragedie di Shakespeare pagata dodici euro e novanta. Mi riferisco piuttosto a quanto la stessa Gorman dichiara a Vogue, di avere finora rinunciato a complessivi diciassette milioni di dollari che le erano stati offerti per far pubblicità a questo e a quello.

 

La Gorman spiega di aver rifiutato di fare da testimonial perché le offerte provenivano da aziende che “non le parlavano”. Ciò induce a tormentosi enigmi: quali aziende possono ritenere più utile avere come testimonial un poeta anziché un attore o uno sportivo di successo? Come avrebbe reagito il pubblico al lancio sul mercato di un dopobarba raccomandato da Andrea Zanzotto o di una catena di sushi raccomandata da Edoardo Sanguineti? E perché questa conversazione si svolge su Vogue e non su una rivista letteraria? Fatto sta che la medesima Gorman non esclude, in futuro, di fare da testimonial a prodotti di aziende che “le parlino”. Allora sapremo che l’avrà fatto per il profondo coinvolgimento emotivo, mica per soldi. È questa la nuova bohème.

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