Foto: Eliott Reyna

Bandiera Bianca

Ormai i bambini che leggono fanno notizia

Antonio Gurrado

Mentre quelli in catalessi perenne fra Tik Tok e playstation sono il ritratto di una nuova, triste quotidianità infantile

Ho scoperto di avere una sorellina spirituale, per così dire, leggendo le cronache locali. Trattasi di una bambina di otto anni di un paesino del bergamasco (chiaro che non farò nomi, anche se certi giornali ne forniscono generalità, ubicazione e foto segnaletica), la quale nel giro di un anno ha letto centoventicinque libri. Ora, è curioso che per un’impresa del genere si finisca in prima pagina sul giornale, locale quantunque. In fondo centoventicinque libri all’anno significa dieci libri al mese, ovvero un libro ogni tre giorni; considerato un libro medio di duecento pagine, significa circa settanta pagine al dì ovvero, andando piano, due ore quotidiane di lettura. Ne restano ventidue, evoglia, soprattutto senza le responsabilità adulte e con di mezzo lockdown e zona rossa.

 

Forse dalla consapevolezza che non si tratti di un grande sforzo, benché sia un grande sollievo, deriva la disinvoltura lieve e un po’ incredula con cui la bambina reagisce a tanta attenzione nei confronti di un’attività che, ne sono certo, dentro di sé reputa ordinaria. Dovrebbe fare più notizia la resistenza di ragazzini e adolescenti che passano sedici ore in catalessi su Tik Tok o diciotto smaniando alla playstation. Tuttavia dalla cronachetta locale dedicata alla ottenne iperlettrice bergamasca rifulge un dettaglio monosillabico. Alla domanda se sia contenta di tornare a scuola oggi, la bambina risponde serafica: “No”. Così piccola, a furia di leggere, ha già capito che così com’è fatta adesso la scuola è una perdita di tempo per chi voglia farsi una cultura. Era per questo, piuttosto, che meritava di finire in prima pagina.

 

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