Università degli studi di Milano (foto Ansa)

Bandiera Bianca

Usare l'inglese è il miglior contrappeso all'italiano astratto delle università

Antonio Gurrado

Anche quest'anno i progetti di ricerca universitari devono essere presentati esclusivamente in lingua inglese. C'è che si lamenta, ma almeno si eliminano così tanti giri di parole

Sul Corriere della Sera Paolo Di Stefano lamenta che, anche quest’anno, il Ministero dell’Università esiga che siano presentati esclusivamente in inglese i progetti di ricerca candidati a cospicui finanziamenti (per gli amici, i Prin). La sua argomentazione è sensata e fa leva su quanto teme anche l’Accademia della Crusca, ossia l’annientamento del plurilinguismo, la riduzione dell’italiano a dialetto e l’estinzione del linguaggio scientifico nostrano. È vero; ma è vero anche che l’inglese è un grande setaccio. Non ricordo chi proponesse di disfarci delle contraddizioni e delle ambiguità della legislazione italiana traducendola integralmente in inglese: fate quest’esercizio, non dico anglicizzare i passi dei Dpcm che parlano di “congiunti” o di “rime buccali” ma già solo l’articolo 1 della Costituzione. Vedrete che, dopo aver vanamente girato le parole fra le mani, deciderete di far cadere quelle che esprimono concetti oscuri o astrusi (“a democratic republic based on work”) accorgendovi che, alla fine, sono superflue.

 

L’inglese, lingua pragmatica, è il miglior contrappeso ai fumi astratti in cui l’italiano delle università si rifugia spesso e volentieri. Un problema della ricerca in Italia è che – mentre nel mondo anglosassone prima viene definito un progetto e poi si cerca il finanziamento adatto – qui sovente si cerca di mettere insieme progetti ad hoc per rispondere a bandi per finanziamenti, quindi non di rado (specie nel settore umanistico) si fa leva su giri di parole che vogliono dire tutto e niente, per tenersi sul vago e sperare in bene. In inglese non si può, o quanto meno è molto più difficile, e i rischi che il trucchetto venga scoperto sono molto più elevati. Infine, e soprattutto, per redigere un articolato e ambizioso progetto di ricerca in inglese è necessario sapere l’inglese. Sarebbe già qualcosa.

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