François Xavier Pascal Fabre, ritratto di Vittorio Alfieri (1749-1803)

Dove sei Vittorio Alfieri?

Antonio Gurrado

L'emergenza coronavirus letta attraverso le parole del grande scrittore che tutti hanno studiato in gioventù al solo scopo di dimenticarsene

Vittorio Alfieri, Vittorio Alfieri, dove sei, Vittorio Alfieri? Vengo costretto da una grida a uscire mascherato per andare a comprare il pane però non leggo nessuno che ripeta ciò che hai scritto in “Della tirannide”, sull’abitudine a perdere gradualmente la libertà: “Non sempre le più crudeli ingiurie son quelle che offendono più crudelmente; colui che ti cava ogni giorno poche oncie di sangue ti uccide a lungo andare ugualmente che colui che ad un tratto ti svena”. Chiuso in casa mi cade l’occhio su film e serie italiane recitate da cani però non leggo nessuno che ripeta ciò che hai scritto nel “Parere sull’arte comica in Italia”: “Non c’è arte di recita in Italia finora, perché non vi sono tragedie, né commedie eccellenti. Quando elle ci siano, non può essere molto lontano il nascimento dell’arte di recitarle”. Apro i social e vedo tutti che blaterano blaterano convinti che parole a vanvera ci tireranno fuori da quest’emergenza però non vedo nessuno che si regoli come te, quando, deluso dalla monarchia e dalla repubblica, dalla patria e dall’estero, di fronte alla rovina del mondo ti rivolgevi solo a cenni a chi si trovava in casa tua, abbracciando una quarantena spirituale imperniata su ciò che hai scritto nei “Troppi”: “Io poco parlo / ma troppo sempre, perché indarno parlo”. Vittorio Alfieri, Vittorio Alfieri, perché tutti gli italiani ti hanno studiato da ragazzi al solo scopo di dimenticarsi di Vittorio Alfieri?

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