Felicity Huffman (foto LaPresse)

Quelle “Desperate Housewives” che barano per mandare i figli cretini all'università

Antonio Gurrado

Il caso dell'attrice Felicity Huffman dimostra che gli algoritmi non possono assicurare la trasparenza nelle selezioni degli studenti

Una volta che ci si riprende dalla notizia dell’arresto della star di “Desperate Housewives”, Felicity Huffman, si possono trarre alcune interessanti conclusioni dallo scandalo degli ingressi pilotati nelle più prestigiose università americane. La prima è che gli algoritmi non garantiscono trasparenza. Stanford, Yale, Georgetown e l’altrettanto prestigiosa University of Texas sono tutte cadute nel tranello dei test standard nazionali per la selezione delle matricole truccati dietro pagamento da parte di genitori ricchi sfondati: l’unica discriminante infallibile per gli ingressi in una comunità accademica, per quanto appaia controintuitivo, è il colloquio di persona con le aspiranti matricole vagliato dal giudizio arbitrario dei docenti, che sapranno cosa vogliono. Inoltre, pur di garantire ai figli di essere selezionati, alcuni genitori hanno montato il viso della prole sulle foto di corpi di atleti: poiché in America chi non va bene a scuola può entrare in università per meriti sportivi, vuol dire che pur di scaraventare i figli nei campus migliori i genitori sono disposti a farli passare ufficialmente per cretini. Infine, è notevole che siano stati incriminati solo i genitori e non i figli: malversazioni e tramestii avvenivano infatti a loro insaputa, con mamma e papà intenti a smuovere le montagne pur di far indossare ai figli una felpa dal logo prestigioso. Se ne deduce che tutto l’impegno che i genitori mettono nel garantire ai figli il miglior corso di studi altro non è che un modo per farli restare per sempre minorenni.

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