Foto Miss America Instagram

Bye Bye bikini a Miss America, il concorso di bellezza che si vergogna della bellezza

Antonio Gurrado

Il paradosso della kermesse negli Stati Uniti. Sarebbe stato più sensato abolire il concorso per morte naturale e, la sera della finale, trasmettere qualcos'altro

Sarebbe facile fare ironie sulla riforma di Miss America, che ha spinto l'improntitudine dei commentatori fino a scrivere controsensi tipo "il concorso di bellezza non giudicherà più le concorrenti in base all'aspetto fisico". Invece è più utile svelare l'ipocrisia celata dietro questa battaglia a colpi di bikini proibiti e ossimori volanti. Che Miss America fosse un carrozzone anacronistico l'avevamo capito dieci anni fa guardando i film di Sandra Bullock ("Miss detective"); l'avevamo capito vent'anni fa leggendo "Pastorale americana" di Philip Roth e trovando descritta nei dettagli la tragedia della donna più bella del New Jersey; l'avevamo capito quarant'anni fa, addirittura, quando in un film comico un primissimo abbozzo di realtà virtuale futuribile consentiva di vincere la corona di reginetta a Woody Allen in persona.

  

 

Non l'hanno capito solo gli organizzatori di Miss America, che infatti persistono e, mostrandosi evoluti, cercano di preservare lo show e gli interessi economici circostanti. I soldi sono il confine al quale si blocca ogni velleità di riforma morale. Se fosse valso davvero lo spirito con cui hanno stabilito che per diventare Miss America non è necessario essere belle, avrebbero dovuto altresì riconoscere che per diventare Miss America non è necessario essere donne, né americane. Sarebbe stato più sensato abolire il concorso per morte naturale e, la sera della finale, trasmettere qualcos'altro. Sarebbe stato più onesto ammettere che la bellezza è un fattore discriminatorio tanto quanto tutte le circostanze della nostra identità che sfuggono al nostro controllo - il luogo di nascita, il colore della pelle, la ricchezza, i genitori, il milieu, le malattie - e che la vita è nel profondo intrinsecamente ingiusta, quindi i concorsi e gli spettacoli non fanno eccezione nella loro iniquità.

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