Pregare per le vittime e (soprattutto) per i carnefici

Antonio Gurrado

A Latina chi si è indignato per la richiesta del parroco di pregare per l'omicida delle due sue figlie forse ha frainteso il Vangelo

E così, a Latina, durante i funerali delle figliolette di Capasso qualcuno si è alzato a protestare fra i banchi perché il parroco aveva invitato a pregare anche per il padre omicida. È una storia talmente mostruosa e insensata che ogni posizione al riguardo dev’essere considerata con benevolenza, in quanto sempre velata dall’orrore dell’accaduto; quindi è improbabile che chi non ha potuto reprimere il proprio moto d’indignazione alle parole del celebrante non stesse cercando d’imporre perfino in chiesa un’agenda democratica, in cui il furor di popolo sia sufficiente a oscurare l’autorità del sacerdote a cui ci affidiamo come intermediario fra le nostre miserie e Dio. Dico solo che, se si rigetta l’offerta di pregare per un’anima che chissà quanto avrà sofferto e chissà quanto starà soffrendo ora, vuol dire che non si crede nell’utilità né nel valore della preghiera, allora tanto vale stare a casa. Se non si capisce il brano in cui Gesù dice che sono i malati ad avere bisogno del medico più dei sani, allora è facile fraintendere tutto il resto del Vangelo. Se per comprendere l’abisso del cuore umano bastasse leggere le notizie di cronaca, allora le chiese non servirebbero più.

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