Matteo Salvini al Cara di Mineo (foto LaPresse)

Perché l'ossessione salviniana di uscire dall'Ue non paga

Antonio Gurrado

Il leader della Lega guardi a cosa sta succedendo all'Ukip nel Regno Unito: per ogni seggio perso da Farage&Co., i conservatori ne hanno guadagnati sei

Ho un consiglio per Matteo Salvini. Fra una dormita al centro di accoglienza e una protesta a Montecitorio, trovi il tempo di dare un'occhiata ai risultati odierni delle elezioni amministrative inglesi. Sono molto istruttivi: l'Ukip, il cui obiettivo storico era l'uscita del Regno Unito dall'Unione europea, alla scorsa tornata elettorale aveva guadagnato molti seggi nei consigli. Adesso, avendo ottenuto la Brexit, li sta perdendo tutti. L'azzeramento dell'Ukip, di fatto spazzato via dalla mappa politica, contiene almeno due insegnamenti per la Lega. È la conferma dell'ammonimento di Nietzsche secondo cui una grande vittoria è un grande pericolo, pertanto spiega a Salvini che la faragizzazione non gli conviene così come non gli convengono la lepenizzazione né la grillizzazione: diventare un partito monotematico, appiattito su una singola ossessione compulsiva che soverchia qualsiasi lettura complessa del mondo, comporta o di fallire e marcire oppure di riuscire e sparire.

 

Come ha chiosato Simon Jenkins: “Missione compiuta, congratulazioni, andatevene”. Inoltre gli elettori inglesi, gli stessi che hanno votato a favore della Brexit, oggi hanno dimostrato che si possono anche accogliere le istanze dei partiti antisistema ma che poi, una volta assecondato il loro programma, per gestire la transizione si ritorna ai partiti moderati e tradizionalisti, che del sistema sono espressione e cardine. Al momento, per ogni seggio perso dall'Ukip, i conservatori ne hanno guadagnati sei.

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