Come i topi hanno conquistato le città

Redazione
Da ultimo il caso del Colosseo. E prima Milano, Parigi, New York. L’invasione dei ratti è già avvenuta (e non c’è niente da ridere)

Uomini e topi hanno un Dna simile per il 97,5% [1].

 

Un topo di fogna può portare fino a trenta malattie trasmissibili all’uomo, pur restando sano [2].

 

Un topo vive in media da uno a tre anni [2].

 

Martedì scorso dal soffitto di una biglietteria del Colosseo ha cominciato a colare sangue sulla scrivania di una dipendente. Era sangue di un topo rimasto schiacciato in un’intercapedine [3].

 

Quanti topi ci siano a Roma nessuno lo sa con esattezza. Sergio Rizzo: «Nelle riunioni che regolarmente si susseguono al Campidoglio su questo problema, con gli esperti che fanno sfilare davanti agli occhi dei dirigenti le slide con le immagini delle differenti razze di roditori, circolano numeri impressionanti. C’è chi stima la popolazione dei ratti capitolini fra i sei e i nove milioni di esemplari: da due a tre per ogni cittadino residente nel territorio comunale» [4].

 

Mattia Feltri: «È invaso di topi Palazzo Massimo, una colonia di topi popola il Tempio di Venere, ci sono in ogni buco e anfratto dei Fori; e basta leggere le cronache locali, o passeggiare un poco, per vedere e sapere che ci sono topi ovunque. Quando la sera si rincasa topi ci attraversano i marciapiedi, a Santa Maria Maggiore i topi a dozzine compiono strani andirivieni da un tombino all’altro, a Castel Sant’Angelo pascolano in pieno giorno fra una panchina e l’altra, quando si va a gettare la spazzatura schizzano via spaventati da sotto i cassonetti, se ne trovano carcasse lungo le vie, nelle piazze di Trastevere dove i ragazzini li fotografano» [5].

 

Fra i mammiferi, i roditori sono l’ordine con più specie sulla Terra: 2.277 su 5.419, il 42% [6].

 

Le specie che vivono in Italia: topo domestico (Mus musculus), più piccolo; ratto nero (Rattus rattus) o ratto comune; e ratto grigio (Rattus norvegicus) o ratto delle chiaviche, molto grosso [2].

 

Stime sul numero dei topi: in tutta Italia ce ne sarebbero 500 milioni con punta massima a Napoli (12 per ogni abitante). A New York tra 28 e 100 milioni. In Gran Bretagna in dieci anni i ratti sono quasi raddoppiati, arrivando a 80 milioni [2].

 

Qualcuno argomenta che si è finito per turbare l’equilibrio fra le specie animali, privando i topi dei loro nemici naturali. Un tempo Roma era una città invasa dai gatti da strada, soprattutto nel centro storico [4].

 

«A Roma i gatti sono spariti. Li hanno tutti sterilizzati, e mentre i topi proliferano i gatti ingrassano e invecchiano e se ne vanno per eutanasia. Si vedono ancora cinque o sei gatti obesi, rincorsi da gattare con sporte di cibo, e annullati sotto il sole di Torre Argentina. E poi ci sono gatti deliziosi in ogni appartamento, ben pettinati, gatti da salotto con divani tutti per loro, o cucce pelose, ciotole piene, gli butti il prosciutto crudo sotto il tavolo e lo scansano. Gatti indisposti alla lotta» (Mattia Feltri) [5].

 

Ma la causa principale dell’aumento dei topi a Roma va ricercata soprattutto nei sacchi di immondizia che tracimano dai cassonetti, sempre di meno – negli ultimi tre anni sono passati da 100mila a poco più di 60mila – perché nel frattempo la municipalizzata capitolina dei rifiuti, l’Ama, ha portato la raccolta differenziata porta a porta in oltre il 40% delle strade [7].

 

Ma quello che è accaduto a Roma sarebbe forse potuto succedere ovunque. Nel 2008 il metrò di Parigi fu invaso dai topi. E due anni fa si sparse il panico per l’avvistamento dei roditori al Louvre. L’anno scorso due studi americani – della Cornell University e su Cell System –  hanno ipotizzato il rischio di un’epidemia di peste bubbonica a New York. Mentre, a luglio del 2015, un’associazione lanciò un allarme sull’emergenza topi a Milano, denunciando l’esistenza di cinque milioni di esemplari: stime che il Comune smentì sdegnosamente [4].

 

In Breve storia della vita privata (Guanda), Bill Bryson racconta di ratti che riuscivano a mangiare pezzi di carne appesi ai ganci di un soffitto in un impianto di imballaggio di New York. Un derattizzatore, spiandoli di notte, ha capito come: si mettevano l’uno sull’altro formando una piramide. Uno saliva in cima e saltava sulla carne, scavandosi una galleria a morsi finché il pezzo cadeva a terra. E gli altri lo divoravano [8].

 

Prima che fosse occupato dagli uffici della Condé Nast, il 26esimo piano del World Trade Center – il grattacielo che ha preso il posto delle Torri Gemelle – era stato invaso da una colonia di topi [9].

 

Il latino “rattus” deriva da “raptus” (furto), e “mouse” da “muisen”, parola d’origine balcanica che sta per “rubare” [1].

 

La parola “topo” è una variante dialettale romagnola di talpa [1].

 

Nessun osso di roditore è stato trovato nelle caverne dell’uomo preistorico, ha fatto notare Francesco Santoianni nel saggio Topi (Giunti). La convivenza con l’uomo cominciò circa 10mila anni fa con l’invenzione dell’agricoltura: quando comparvero i primi granai per stivare le sementi (il più antico della storia risale al 9500 a. C., nella valle del Giordano) [1].

 

Nella Bibbia il topo non è citato nemmeno una volta [1].

 

I topi appena nati sono ciechi e nudi: il pelo inizia a crescere il terzo giorno di vita, mentre gli occhi si aprono dopo due settimane [2].

 

Vivono in colonie guidate dai maschi dominanti [6].

 

I topi si possono accoppiare anche già dopo cinque settimane di vita. Si riproducono in 21 giorni. Una coppia di topi può generare in nove anni due milioni e 197mila tra figli e figli dei figli [1].

 

Da qui i riferimenti sessuali, e i termini topa, zoccola, sorca, ecc. [6].

 

I topi maschi quando vogliono far colpo sulle femmine si mettono a piangere. Con le lacrime, infatti, secernono feromoni con cui inviano messaggi sessuali irresistibili [2].

 

Ii topi più apprezzati dalle femmine, e quindi i più prolifici, sono quelli che stanno a contatto con i gatti. Perché basta l’odore di un felino a renderli più coraggiosi, e perciò apprezzati dalle topoline [1].

 

Servono almeno 48 ore per avvelenare un topo, settimane per cancellare una colonia [10].

 

Apollo Sminteo venerato tra i Greci come sterminatore di topi [2].

 

[**Video_box_2**]Come funziona un intervento di disinfestazione? A Roma, ad esempio, nell’arco di 20 giorni una squadra dell’Ama, l’azienda romana dei rifiuti, ripete la pulizia tre volte: la prima posiziona le esche, la seconda e la terza le sostituisce se mangiate o avariate [10].

 

Dal 1948 al 1958, sulle isole Eniwetok (Isole Marshall, oceano Pacifico), furono testate 15 bombe nucleari. Quando, quattro anni dopo, gli scienziati della Marina militare Usa – protetti da tute anti radiazione – sbarcarono sulle isole, non c’era traccia di vegetazione e di animali. Tranne i ratti che circolavano indisturbati [6].

 

I gufi sono grandi cacciatori di topi. Fulco Pratesi: «Sono i metronotte della città, i veri operatori ecologici. È incredibile il numero di ratti che fanno scomparire e sono i soli – considerata la quasi totale estinzione dei gatti di strada – in grado di bonificare strade, parchi e marciapiedi dai ratti» [11].

 

Solo nel primo anno di governo Renzi, per quattro volte sono state eseguite disinfestazioni a Palazzo Chigi, per cacciare i topi dalla sede di via della Mercede 96, che ospita la Biblioteca chigiana, dal sottotetto del palazzo, e per la «derattizzazione dei cunicoli nei locali interrati e nei locali tecnici siti al piano terra e nel cortile» [12].

 

Massimo Donadon, con la sua azienda Max Bayer Deutschland di Carbonera, provincia di Treviso, è il più bravo a fare veleno per topi. Il segreto è abbinare il bocconcino fatale ai sapori più graditi per i ratti, che hanno gusti diversi a seconda della città in cui vivono. Così a New York hanno funzionato esche a base prevalente di margarina vegetale; in Olanda con salmone e formaggio, in Germania con grassi animali. A Pechino ha usato bocconcini di riso soffiato, a Dubai un menu che definisce «fusion». Ai topi di Treviso, invece, piacciono soprattutto zucchero filato e vaniglia [13].

 

Chi sogna topi secondo la Smorfia napoletana può giocarsi l’11 (’e surice) [2].

 

Apertura a cura di Luca D'Ammando

 

Note: [1] Francesco Santoianni, Topi, Giunti, 1993; [2] Sette 10/10/2013; [3] Sara Grattoggi, la Repubblica 3/3; [4] Sergio Rizzo, Corriere della Sera 3/3; [5] Mattia Feltri, La Stampa 3/3; [6] Vito Tartamella, Focus 10/3/2015; [7] Lorenzo De Cicco, Il Messaggero 4/3; [8] Bill Bryson, Breve storia della vita privata, Guanda, 2011; [9] Massimo Gaggi, Corriere della Sera 23/11/2014; [10] Laura Serloni, la Repubblica 3/3; [11] Fulco Pratesi, Corriere della Sera 24/11/2014; [12] Franco Bechis, Libero 10/3/2015; [13] Benedetta Argentieri, Corriere della Sera 27/8/2010.

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