Mario Draghi e, a sinistra, il suo vice Vítor Constâncio (foto LaPresse)

Culle vuote e immigrati. Il vice di Draghi denuncia il “suicidio demografico”

Giulio Meotti
Di vertice in vertice, si dimentica “le crépuscule de l’Occident”

Roma. Ieri sera a Bruxelles i capi di governo dell’Unione europea si sono riuniti per approvare il piano di redistribuzione di 120 mila rifugiati. Poca cosa di fronte al milione di richiedenti asilo attesi quest’anno. D’altronde l’invecchiamento della società europea rappresenta un “suicidio demografico” e per sopperire alla mancanza di nascite, ormai endemica, c’è bisogno di immigrati. Lo ha detto qualche giorno fa il vicepresidente della Banca centrale europea, il portoghese Vítor Constâncio. Il vice di Mario Draghi ha spiegato che ormai è tardi per investire sulle famiglie: “Questo è un problema serio perché da anni l’Europa sta commettendo una sorta di suicidio demografico collettivo e per modificare le tendenze demografiche, promuovere le nascite non è sufficiente. Bisogna farlo attraverso l’immigrazione”. Constâncio è allarmato ovviamente dalla tenuta dei conti pubblici e dal sistema pensionistico. Lo aveva lasciato intendere due settimane fa anche il presidente della Commissione europea, Jean-Claude Juncker.

 

Uno studio della Brookings Institution, pensatoio di sinistra in America, si domanda: “La crisi dei rifugiati è una opportunità per l’Europa che invecchia?”. L’Unione europea è ormai la regione del mondo che presenta il più basso tasso di fecondità (1,55 figli per donna) e la più alta percentuale di popolazione ultrasessantaquattrenne (16,4 per cento degli abitanti nell’Europa dei dodici). “I paesi baltici e la Bulgaria hanno già visto le loro popolazioni ridursi di oltre il quindici per cento a partire dal 1990, la Croazia del dieci per cento, Romania e Ungheria di oltre il cinque per cento”, si legge nel paper della Brookings. “La percentuale di over 65enni nell’Europa centrale è aumentata di più di un terzo tra il 1990 e il 2010”. Per dirla con Douglas Roberts, economista inglese, “l’Europa è il nuovo Giappone”. L’Europa è l’unica area del mondo dove gli ultrasessantaquattrenni sono più numerosi dei bambini. Per avere una popolazione stabile sul piano demografico occorre un tasso di fertilità di 2,1 figli per donna. Le ultime statistiche dell’Onu appaiono come una condanna a morte per l’Europa: Grecia (1,3), Portogallo (1,3), Italia (1,4) e Germania (1,4) sono le più deprimenti. Francia (1,97), Inghilterra (1,83) e Svezia (1,9) fanno meglio, ma soltanto grazie a una nutrita presenza di immigrati. La Germania fino al 2050 ha quindi bisogno di almeno 15 milioni di immigrati. La locomotiva d’Europa è il paese con la più bassa natalità al mondo, come emerge da uno studio dell’Istituto economico Hwwi di Amburgo.

 

[**Video_box_2**]La banca d’investimento giapponese Mizuho ha per prima calcolato l’eventuale costo del piano tedesco di accoglienza dei migranti: per accettare fino a un milione di profughi all’anno Berlino dovrà investire 25 miliardi di euro. La Spagna ha uno dei tassi di fertilità più bassi d’Europa, con 1,27 bambini nati per ogni donna in età fertile, rispetto alla media europea di 1,55. Il risultato è che, dal 2012, la popolazione della Spagna è diminuita e ha bisogno di dodici milioni di immigrati sempre per garantire le pensioni. Alejandro Macarrón Larumbe ci ha scritto un libro: “El suicidio demográfico de España”. Prendiamo il Portogallo di Constâncio: nel 2012 vi sono nati soltanto 90 mila bambini, il numero più basso in cento anni. Come ha scritto Arthur Brooks sul New York Times, “secondo l’Ocse l’ultima volta che i paesi dell’Ue si sono riprodotti a livelli di sostituzione (cioè, poco più di due figli per donna) fu a metà degli anni 70. Immaginate un mondo in cui molte persone non hanno sorelle, fratelli, cugini, zie o zii. Ecco dove l’Europa si sta avviando nei prossimi decenni. Un fatto positivo c’è, almeno ci saranno meno regali di Natale da comprare”. Ma manca qualcosa nell’algoritmo di Constâncio. Il prezzo che pagheremo per salvare il sistema previdenziale. Quello che il demografo francese, Jean-Claude Chesnais, ha chiamato “le crépuscule de l’occident”.

  • Giulio Meotti
  • Giulio Meotti è giornalista de «Il Foglio» dal 2003. È autore di numerosi libri, fra cui Non smetteremo di danzare. Le storie mai raccontate dei martiri di Israele (Premio Capalbio); Hanno ucciso Charlie Hebdo; La fine dell’Europa (Premio Capri); Israele. L’ultimo Stato europeo; Il suicidio della cultura occidentale; La tomba di Dio; Notre Dame brucia; L’Ultimo Papa d’Occidente? e L’Europa senza ebrei.