Il Reichstag tedesco

Non solo in Grecia. Pure in Germania si teme una sovranità democratica monca

Pierluigi Mennitti

In Germania c’è un vocabolo che dall’inizio della crisi dell’euro accompagna ogni passaggio della politica di austerità e riforme della cancelliera Angela Merkel: “Alternativlos”, senza alternativa.

Berlino. In Germania c’è un vocabolo che dall’inizio della crisi dell’euro accompagna ogni passaggio della politica di austerità e riforme della cancelliera Angela Merkel: “Alternativlos”, senza alternativa. Un aggettivo calato come la lama di una ghigliottina sulle velleità di qualsiasi altra strategia, si è trasformato esso stesso nel codice assoluto del cosiddetto metodo-Merkel e qualche mese fa è divenuto anche il titolo di una biografia di successo sulla cancelliera, scritta dal capo della redazione politica dello Spiegel, Dirk Kurbjuweit. Alternativlos come fine della politica, della ricerca di strade diverse, di compromessi possibili. Alternativlos era stata scelta anche come parola negativa dell’anno 2010 da una sorta di Accademia della crusca tedesca. Motivazione: “L’aggettivo suggerisce l’assenza fin dall’inizio di un’alternativa nei processi di decisione e l’inutilità di qualsiasi discussione o argomentazione politica nel merito”.

 

Così, per restare all’attualità del caso greco, il dibattito sulla proroga degli aiuti finanziari europei per Atene infuria sui giornali ma non nel Bundestag, dove una schiacciante maggioranza di parlamentari, oltre i già asfissianti numeri della Grosse Koalition, approva compatta la decisione del governo di concedere alla Grecia quattro mesi di respiro. Perché, come suggerisce Merkel, non vi è alternativa: Atene non può crollare, ma non può neppure pensare di tirarsi fuori dal percorso di tagli-riforme-pagamento del debito che va sotto il nome di austerità.

 

Sebbene la cosa possa apparire un paradosso in un paese dove le cose tutto sommato girano per il verso giusto, i cittadini sembrano scontenti. A destra perché si è costretti a pagare per i debiti altrui, a sinistra per la mancanza di solidarietà verso chi se la passa peggio. Tutti, perché hanno l’impressione di non contare nulla, o comunque meno di un tempo. La fine della vecchia sovranità democratica su base nazionale non è un problema che angustia soltanto i greci, alle prese con un governo di sinistra radicale che ha dovuto correggere il tiro delle sue aspettative nonostante un mandato popolare forte e cristallino.

 

Secondo un sondaggio realizzato dalla Freie Universität di Berlino nell’ambito di un rapporto sull’estremismo di sinistra, il 61 per cento degli interpellati in Germania ritiene che la democrazia tedesca non sia una vera democrazia, perché è l’economia a dettare le strategie e non gli elettori. A 25 anni dalla caduta della Ddr, il 42 per cento dei tedeschi considera il socialismo una buona idea realizzata male. Un terzo pensa che una vera democrazia sia possibile solo al di fuori del capitalismo, un quinto è pronto a fare la rivoluzione.

 

Per il politologo Klaus Schroeder, autore del rapporto e studioso della Ddr, il risultato è sorprendente e mostra quanto la discussione sul lobbismo e sul potere dell’economia e delle banche abbia influenzato l’opinione pubblica tedesca, fino a creare “un disagio verso la democrazia”. Che è qualcosa di più rispetto al fenomeno della disaffezione per la politica, la Politikverdrossenheit: è una tossina che avvelena i pozzi della vecchia sovranità democratica, diffondendo la convinzione che decisioni destinate a condizionare la vita di tutti vengano prese senza più mediazione politica.

 

[**Video_box_2**]Per questo la partecipazione al voto diminuisce di elezione in elezione e chi invece a votare ci va, non è più fedele ai partiti come un tempo. “Il mercato elettorale è in movimento”, racconta il mensile liberal di cultura politica Cicero, che allo scollamento fra cittadini ed eletti ha dedicato l’ultimo numero, “e per la prima volta in Germania gli elettori di opinione hanno superato quelli di appartenenza”. Riportare i cittadini a dialogare con la politica è stato il programma con cui l’ex dissidente Joachim Gauck si è presentato ai tedeschi dopo l’elezione alla presidenza della Repubblica. Le sue uscite pubbliche sono spesso un successo, i cittadini lo apprezzano. Forse sono gli eletti ad aver perso l’abitudine del contatto con gli elettori. “In un mondo divenuto per vari motivi sempre più complesso, il bisogno di spiegazione da parte dei politici è cresciuto immensamente”, ha ammesso in un’intervista sempre a Cicero il presidente del Bundestag Norbert Lammert, uno dei principali intellettuali rimasti a calcare la scena politica tedesca.

 

Di fatto, la coalizione degli scontenti abbraccia l’intero spettro dell’elettorato e si muove al di fuori del sistema politico tradizionale. A destra s’è formato per esempio il movimento di Pegida, che ha riempito l’inverno tedesco di manifestazioni denunciando le maglie larghe dell’immigrazione musulmana e le paure del ceto medio tedesco. A sinistra si sono moltiplicate le proteste contro lo stato spione e le misure di sorveglianza volute per combattere il terrorismo e soprattutto contro le trattative giudicate non trasparenti per il Ttip, l’accordo commerciale di libero scambio con gli Stati Uniti. Sempre a destra, un nuovo partito, Alternative für Deutschland, ha fatto irruzione cavalcando innanzitutto l’onda dell’euroscetticismo. Anche qui declinato come perdita di sovranità del contribuente tedesco rispetto a risorse federali che vengono arbitrariamente gestite in nome di compromessi stretti a Bruxelles dai capi di governo, oppure – peggio ancora – dalla Banca centrale europea a guida non tedesca. A sinistra ha vissuto una breve ma intensa stagione di gloria il colorito partito dei Pirati. Movimenti populisti nascono e muoiono al ritmo di un click su Facebook. Un mensile patinato, Compact, prova a catalizzare i malpancisti di tutta la Germania saziandoli di teorie complottiste. Ai tempi della Grosse Koalition, a suo modo già una dichiarazione di debolezza del sistema politico più stabile d’Europa, sembra esserci spazio per ogni forma di ribellione.

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