Beppe Grillo (foto LaPresse)

Il bacino dello sdegno

Redazione

Le schermaglie tra Beppe Grillo e Matteo Salvini sulla visita al Quirinale, sollecitata dal primo, rifiutata dal secondo, sono solo il più recente episodio di una gara a chi riesce meglio a interpretare in chiave elettorale l’area della cosiddetta “indignazione”. Ma chi vuole governare non può inseguire lo spazio politico di Lega e M5s.

Le schermaglie tra Beppe Grillo e Matteo Salvini sulla visita al Quirinale, sollecitata dal primo, rifiutata dal secondo, sono solo il più recente episodio di una gara a chi riesce meglio a interpretare in chiave elettorale l’area della cosiddetta “indignazione”. E’ comprensibile che, dopo una lunga fase di crisi economica e di sbandamento politico (ambedue avviati, se tutto va bene, verso la conclusione), formazioni politiche di opposizione puntino a dare sbocco alla delusione e alle preoccupazioni dei cittadini. E’ un fenomeno che si è verificato in tutta l’Europa mediterranea (con varianti prevalentemente di sinistra in Grecia e Spagna; di destra in Francia) il che testimonia che questo bacino elettorale esiste effettivamente. Se serva a qualcosa, invece, è tutto da dimostrare.

 

Alla fine, normalmente, l’elettorato punta a ottenere soluzioni, non solo l’agitazione delle proteste: persino la vittoria di Syriza deriva dalla sua capacità di far balenare l’idea di una soluzione ardita ma possibile. Si vedrà se è così, ma è invece abbastanza evidente che le proposte attualmente sbandierate dal Movimento 5 stelle, il passaggio a una sorta di democrazia informatica diretta non si sa bene da chi, o dalla Lega nord, che vorrebbe restaurare la lira e buttare a mare non solo la burocrazia ma tutta la costruzione europea, hanno solo un carattere scopertamente propagandistico, restano nell’area della pura esasperazione della protesta, senza uno straccio di credibilità propositiva. Su questo terreno sdruccioloso è difficile costruire un’alternativa di sinistra, è impossibile edificare una nuova area moderata competitiva. Nonostante qualche esibizione polemica talora giustificata da uno stile un po’ sprezzante del presidente del Consiglio, Forza Italia non può accodarsi a questa deriva, perchè il suo profilo fondamentale è e resta quello di una forza di governo, che trova nella democrazia dell’alternanza il suo certificato di nascita e la sua carta d’identità. Naturalmente si possono realizzare alleanze territoriali, proprio per governare le regioni, come fanno in realtà Roberto Maroni e Luca Zaia, ma per offrire una alternativa di governo nazionale non si può che partire dallo spirito del Nazareno, da una visione razionale delle relazioni internazionali, da una consapevolezza della complessità di un processo riformatore che ha bisogno di più idee non di semplificazioni e di indignazioni puramente distruttive. C’è chi dice che così, però, si castrano le potenzialità aggressive dell’opposizione, ma probabilmente è vero il contrario: se non si accetta come punto di partenza un severo confronto con i problemi reali della governabilità, si lascia indisturbato chi governa, togliendosi solo la magra soddisfazione di qualche sberleffo impotente.

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