Elogio della Svizzera, il luogo necessario fintanto che, altrove, ci saranno gli illiberali adoratori del Sacro Leak

Maurizio Crippa

Si perdonerà l’incongruenza di partire da Salvini per parlare di un posto serio come la Svizzera. Ma se il capo della Lega si fa spernacchiare in Sicilia, alla ricerca di un’idea nazionale che non gli pertiene, significa che nulla è rimasto dell’antico mito dei popoli alpini, dell’autodeterminazione e dei cantoni felici.

Si perdonerà l’incongruenza di partire da Salvini per parlare di un posto serio come la Svizzera. Ma se il capo della Lega si fa spernacchiare in Sicilia, alla ricerca di un’idea nazionale che non gli pertiene, significa che nulla è rimasto dell’antico mito dei popoli alpini, dell’autodeterminazione e dei cantoni felici. A sud dei Grigioni il sogno elvetico è morto, tolto qualche cambio di residenza eccellente e di cui già tutto sappiamo. La Confederazione è tornata a essere terra aliena, forse non minacciosa ma certo antipatica. Basti vedere l’effetto di pelle del nuovo scandalo, molto telefonato del resto, battezzato SwissLeak: si sono messi in 60 giornali da tutto il mondo per spiegare un flusso di miliardi di euro passati da Ginevra in anni non lontani, piccioli di centomila clienti vip con cui la banca (britannica) Hsbc ha fatto pasticci nella sua filiale svizzera. Ci sono i soldi di re Abdallah, ma a noi interessano solo i 7.499 nomi italiani. Non vediamo l’ora di scorticarli, loro e i loro spalloni finanziari. E figurarsi se non spunteranno traffici di droga e d’armi.

 

Tutto questo ciclico “ahi Svizzera, vituperio delle genti” è così scontato, così fuoriposto. Senza senso geografico né storico. La Svizzera non esiste perché è un’anomalia di monti e laghi, ma per la scelta di sfuggire da tutto ciò che di peggio di lei le sta intorno. “Può succedere solo in Svizzera. Sono contenta di vivere in questo paese”, disse un giorno la mamma di Elias Canetti, e si riferiva alla libertà. Lei “che pure tanto amava la Svizzera per i suoi princìpi democratici”, ma “non riusciva ad abituarsi ai suoi costumi democratici”. Canetti, nella “Lingua salvata”, racconta del suo giovanile ma imperituro innamoramento per la libertà degli svizzeri, che “si mescolò nella mia mente con quella dei greci. La vivevo nella realtà e la sperimentavo io stesso: per essersi mantenuti padroni del proprio destino, per non aver accettato alcuna autorità imperiale, gli svizzeri erano riusciti a non farsi coinvolgere nella guerra mondiale”. Certo, erano gli anni Dieci del secolo corso, intorno si schiantavano gli imperi. Chi non abbia letto “Il formidabile esercito svizzero” di John McPhee non può capire il legame tra tutela della libertà, spirito di subordinazione e denaro che fa la Svizzera. Del resto, trovate un mito fondativo più sadomasochista del Guglielmo Tell. Ma a parte che ora il segreto bancario si sgonfia, il vituperio della Svizzera non regge la geografia né la storia. Qui si rifugiavano gli ebrei, ci scappavano gli antifascisti e pure i cominternisti in disgrazia, gli anarchici ancora cantano riconoscenti a Lugano, riconoscente Prezzolini le ha donato il suo archivio.

 

[**Video_box_2**]Ci venne Chaplin, per sfuggire a Hollywood, Freddie Mercury il più bel monumento ce l’ha a Montreux. Non fosse per le guerre altrove, e le tasse troppo alte per cui anche le aziende italiane chiudono qui e aprono là, la Svizzera sarebbe un paradosso inutile. Non fosse per le libertà e i diritti. Dai buoni ai pessimi. Nel Canton Uri un prete benedice le coppie lesbiche, in mezzo alle più ricche gallerie d’arte si può avere l’eutanasia senza chiedere permesso. Senza questi paradossi non ci sarebbero stati Dada e il Cabaret Voltaire né le utopie del Monte Verità. La Svizzera è un luogo necessario. Almeno fintanto che intorno è pieno di adoratori del Sacro Leak.

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  • Maurizio Crippa
  • "Maurizio Crippa, vicedirettore, è nato a Milano un 27 febbraio di rondini e primavera. Era il 1961. E’ cresciuto a Monza, la sua Heimat, ma da più di vent’anni è un orgoglioso milanese metropolitano. Ha fatto il liceo classico e si è laureato in Storia del cinema, il suo primo amore. Poi ci sono gli amori di una vita: l’Inter, la montagna, Jannacci e Neil Young. Lavora nella redazione di Milano e si occupa un po’ di tutto: di politica, quando può di cultura, quando vuole di chiesa. E’ felice di avere due grandi Papi, Francesco e Benedetto. Non ha scritto libri (“perché scrivere brutti libri nuovi quando ci sono ancora tanti libri vecchi belli da leggere?”, gli ha insegnato Sandro Fusina). Insegue da tempo il sogno di saper usare i social media, ma poi grazie a Dio si ravvede.

    E’ responsabile della pagina settimanale del Foglio GranMilano, scrive ogni giorno Contro Mastro Ciliegia sulla prima pagina. Ha una moglie, Emilia, e due figli, Giovanni e Francesco, che non sono più bambini"