Il presidente della Bce, Mario Draghi (foto LaPresse)

Berlino frigna, ma così ora Draghi sta aumentando il pressing su Renzi

Pierpaolo Benigno
Con il Quantitative easing (o allentamento quantitativo) della scorsa settimana Mario Draghi ha dimostrato senza dubbio una raffinata abilità come banchiere centrale nel calare uno strumento di politica monetaria immune da qualsiasi critica. Paradossalmente, però, un esercizio così puro di politica

Con il Quantitative easing (o allentamento quantitativo) della scorsa settimana Mario Draghi ha dimostrato senza dubbio una raffinata abilità come banchiere centrale nel calare uno strumento di politica monetaria immune da qualsiasi critica. Paradossalmente, però, un esercizio così puro di politica monetaria potrebbe implicare sviluppi che sarebbero impensabili se valutati con l’euforia dei mercati di questi giorni.

 

Oggi con il Qe la Bce può acquistare titoli pubblici, con scadenza superiore ai due anni, con rating almeno BBB- oppure titoli con rating inferiore purché i paesi siano sotto un programma europeo di aiuti e ricevano una valutazione positiva sulla sostenibilità dei loro debiti. La Bce può anche acquistare titoli pubblici con scadenza da uno a tre anni tramite un altro programma, l’Omt (Outright monetary transactions), lanciato nel settembre del 2012. A differenza del Qe, la Bce può valutare di acquistare titoli pubblici tramite l’Omt solamente se il paese ha chiesto aiuti all’Europa e quindi se è stato sottoposto a delle condizionalità sulle politiche economiche.

 

Ci sono altre due caratteristiche importanti che differenziano i due programmi. La prima, poco rilevante per quanto segue, è che il Qe aumenta il bilancio della Bce mentre l’Omt no, in quanto gli acquisti vengono sterilizzati. La seconda differenza ha implicazioni più sofisticate: con il Qe eventuali perdite sui titoli sono a carico della Banca nazionale che li ha acquistati, con l’Omt vengono divise fra tutte le Banche nazionali appartenenti all’Eurozona.

 

La domanda critica a cui rispondere per capire i prossimi sviluppi è la seguente: cosa può succedere a un paese che ha un rating BBB-, come l’Italia, se venisse declassato? Immediatamente la Bce interromperebbe gli acquisti nell’ambito del Qe sui titoli italiani come previsto dal programma, gli spread si alzerebbero innescando una crisi di fiducia sul debito. A quel punto, o il paese si assume la responsabilità di fare un default in maniera disordinata con benefici e costi che sono difficilmente quantificabili oppure accetta gli aiuti europei e le relative condizionalità, passando quindi per le operazioni Omt e permettendo al Qe di ripartire. Ragionevolmente dovrebbe essere scelta la seconda strada. Si capisce quindi perché il Qe non preveda un piano di condivisione delle perdite: semplicemente perché potrebbero venire da un paese che irresponsabilmente decide di fare default senza essersi mai sottoposto ad alcuna condizionalità. Imponendo che le perdite vengano accollate dal capitale della sua Banca centrale si riducono i benefici del default ma naturalmente non lo si esclude completamente.

 

L’aspetto più interessante è che la sequenza degli eventi può essere invertita senza cambiare il risultato finale. Prima si alzano gli spread, quindi si ha una crisi di fiducia, il debito diventa insostenibile, il paese viene declassato, la Bce sospende gli acquisti del Qe e a questo punto bisogna decidere tra default o condizionalità annesse all’Omt.

 

[**Video_box_2**]La conclusione ovvia è che con il Qe della Bce è finito il tempo di vivacchiare. O si fanno riforme e risanamenti con risultati evidenti sia sulla crescita che sul livello del debito pubblico oppure saranno i mercati a far sì che le riforme e i risanamenti siano decisi dall’Europa.

 

In ogni caso la Germania sembra aver ottenuto proprio quello che voleva: rigore fiscale e riforme nei paesi periferici. Dobbiamo quindi escludere la possibilità di una ristrutturazione o un default sul debito italiano? No, altrimenti l’equilibrio descritto sopra non sarebbe di quelli che si autorealizzano! Il caso della Grecia ci insegna che anche le condizionalità possono non funzionare e che si può sempre aprire una trattativa per scaricare i costi dell’aggiustamento sui creditori in maniera ordinata. A maggior ragione si capisce perché il Qe non preveda una condivisione delle perdite: non sarebbe uno strumento puro di politica monetaria.

 

Nel campo delle previsioni non si può certo negare la speranza che l’evolvere degli eventi non dia alcuna ragione a quanto scritto sopra, bisogna però spiegare al lettore perché Draghi durante la conferenza stampa ha detto: “L’Omt c’è, è pronto ad agire nel caso che rischi estremi si materializzino; è un programma di piena condivisione dei rischi”.