“Attento, lì sotto c'è un povero!” La vita social e strafottente dei Rich Kids

Massimiliano Lenzi

Per i Rich Kids, i ragazzi sfacciatamente ricchi, la creazione più che nel simbolo del dito di Dio che incontra quello dell’uomo, dipinta da Michelangelo nella Cappella Sistina, sta nel danaro.

Un albero di Natale gigantesco con appesa, mentre una mano ancora la tiene tra le dita, una American Express Black Card, la carta di credito data a chi di media ha in banca beni per almeno 16 milioni di dollari. Perché per i Rich Kids, i ragazzi sfacciatamente ricchi, la creazione più che nel simbolo del dito di Dio che incontra quello dell’uomo, dipinta da Michelangelo nella Cappella Sistina, sta nel danaro. O meglio, nell’averne tanto, troppo. Infinito. Sul loro profilo su Instagram – all’indirizzo Rich Kids of Instagram – che sta facendo letteralmente impazzire i social (anche di invidia) lo si capisce al volo. Sin dall’epigrafe, sulla sinistra, che ti saluta prima dell’album di fotografie di famiglia: “They have more money than you and this is what they do”, hanno più soldi di te e questo è ciò che fanno. Cosa? Semplicemente mostrano la loro vita, tolgono il velo all’oscenità della ricchezza, nel senso letterale, di nascosto alla vista, che troppo spesso qui da noi, in Italia e anche in parte dell’Europa cattolica, si preferisce tenere riservato. C’è un che di calvinista e di eccitante nell’autofotografarsi di questi ragazzi e ragazze, dipinti troppo in fretta come viziati (può darsi lo siano, ma non è questa la novità). Scorrendo a rullo, dall’alto in basso, il loro sito si entra in una galleria che, senza avere l’estetica omoerotica di un Robert Mapplethorpe o il gusto sadosexy di un Helmut Newton, incarna nella sua strafottenza il sapore vitale e agonista del capitalismo. Fare soldi per fare soldi e spendere soldi per spendere soldi. Loro, i Rich Kids, sono tutti molto giovani, sorridono (e come potrebbero non farlo?), scattano e scrivono. Li troviamo spaparanzati su grandi yacht, sguazzanti in piscine da urlo, allegri e ribaldi mentre bevono costosi champagne o guidano lussuose macchine. Due di loro arrivano persino in elicottero per fare una partita a tennis.

 

Sperperano e, sperperando, tracciano nelle brevi didascalie alle loro istantanee l’estetica del lusso sfrenato. “Quando volate con il jet privato, è bene lasciare al pilota e al co-pilota una mancia di 10.000 dollari. Ops, devo ricordarmi di passare al bancomat, quando esco di qui”. Un adolescente mostra una collezione di Rolex e chiede come abbinarla a ciò che indosserà, Un altro li pesa sulla bilancia per rivendicarne l’obesità (dei suoi orologi). Durante l’estate si fotografano soprattutto nei parchi infiniti delle loro residenze, da New York a Singapore, o mentre girovagano in barca per i luoghi più o meno chic: da Ibiza a Capri e in altri vari approdi della costiera amalfitana. Anche gli imprevisti, quelli che sarebbero considerati spiacevoli nella routine quotidiana di una famiglia del ceto medio (che brutta parola!), in questa sceneggiatura della ricchezza giovanile e onnipotente, diventano occasione di ilarità e di tendenza. “Broke your car dad”, scrive uno dei kids, sotto la fotografia postata di una Ferrari nera, il muso tutto sfasciato, agganciata come un ferrovecchio a un carro attrezzi. Nato nel 2012, l’Instagram dei Rich Kids oltre a spopolare negli Stati Uniti è già diventato fonte di ispirazione sia per la televisione che per la narrativa. In tv si è realizzata la serie reality “Rich Kids of Beverly Hills”, in onda su E!, che racconta le giornate tra shopping e spese folli di questi ragazzi. Un format sulla ricchezza, che funziona. Se n’è occupato persino il quotidiano inglese Guardian, british e progressista. Perché il pubblico desidera guardare i ricchi, non i poveri. E così, coast to coast, dalla California all’Atlantico, è sbucato pure “Rich Kids of New York”. Spostando l’attenzione dalla televisione alla narrativa, poco cambia: l’idea degli adolescenti spendaccioni ha sedotto pure l’editoria ed è uscito il libro “Rich Kids of Instagram: A Novel”, la storia di una giovane ereditiera e di altri compagni di lusso, e delle loro vite sopra le righe.

 

 

La copertina nella sua semplicità è eloquente: una banconota, il vecchio e caro dollaro, con una striscia di polvere bianca sopra. Il libro è stato scritto con la collaborazione di Maya Sloan, la ghostwriter del romanzo di Kyle e Kendall Jenner, e i lettori di certo saranno i ricchissimi, cresciuti a Rolex e spirito di competizione ma – anche per ragioni statistiche, viste le buone vendite – soprattutto i comuni mortali, per sbirciare eccessi e meraviglie dal buco della serratura (le pagine di un libro o un social con le fotografie). Per sentirsi, insieme, più eleganti e meno middle class. In poco più di due anni, insomma, l’idea di sventolare in faccia al mondo la vita da Paperoni, si è fatta multimediale e vincente: Instagram, la televisione, i libri. A pensarci bene, in questo grande romanzo adolescenziale e giovanile chi manca sono gli italiani. Troviamo i russi, gli americani, persino i cinesi e financo gli iraniani fan vedere come se la godono. Sì, avete letto bene, gli iraniani. Sempre su Instagram è apparso da qualche tempo un account: si chiama “Rich kids of Teheran” (i giovani ricchi di Teheran) e mostra ragazze in minigonna e tacchi a spillo, truccate con rossetto e sguardi da cerbiatte, assieme a ragazzi al volante di auto di lusso.

 

 

Nel paese dove poco tempo fa sei persone hanno ricevuto una condanna a 91 frustate per avere messo su internet un video in cui ballavano al ritmo della canzone di William Pharrell “Happy”, i Rich Kids, scrive il Times di Londra, non correrebbero rischi di punizioni perché tutti figli dell’élite iraniana, appartenenti a famiglie “intoccabili”. E dunque possono fare quello che vogliono. Per una volta, però, il Times sembra aver sbagliato perché a metà ottobre – un mese dopo la sua nascita – il governo ha deciso di chiudere l’accesso su Instagram a questo spazio, dato che mostrava opulenza e stile di vita troppo occidentali. Oggi, sul profilo, raggiungibile via internet all’indirizzo http://richkidsoftehran.tumblr.com, resta un certo mistero: alcune foto ci sono ma i commenti non più, il regime l’avrà chiuso per davvero o per finta? I Rich Kids persiani sostengono di essere stati bloccati ma c’è chi avanza dubbi.

 

 

[**Video_box_2**]Ambiguità mediorientali a parte, torniamo al tema degli italiani. Perché siamo così restii a mostrare la ricchezza, anche con i nostri Rich Kids? Il fatto è che in Italia tra cattolicesimo e comunismo l’opulenza non è stata mai ben vista. C’è chi c’è l’ha ma – come si dice – sarebbe bene non farla vedere. Per questo più che i racconti sui giovani belli, ricchi e sfrontati, da noi han funzionato assai meglio le narrazioni un po’ piagnone, dal gusto sudamericano, sul modello – per fare un esempio – di una celebre telenovela messicana di successo degli anni Ottanta, “Los ricos tambien lloran”, anche i ricchi piangono. Andando su Instagram, al profilo dei Rich Kids, basta cliccare le foto per capire che non è così. I ricchi non piangono e la ricchezza sarà, sì, sperpero ma è soprattutto libertà surreale. Pure di fare follie. Passeggiare, con un iPhone al guinzaglio al posto del cane, far bere Dom Perignon al bassotto versandoglielo nella ciotola, usare l’iPad come una zeppa di legno per far stare pari un tavolo birichino, impiegare una borsa Louis Vuitton per tappare un bocchettone antifumo. E poi documentare, dettaglio per dettaglio, come fa un certo Adolf, il proprio soggiorno agli Hamptons, incluso il giro di shopping a bordo di una BMW X3 e la sosta da Saks Fifth Avenue a San Francisco, con un selfie in cui ritrarre se stesso assieme a una Black Card American Express, la carta di credito – in titanio – più esclusiva al mondo, posseduta solo da 10 mila ricchissimi, con un budget medio di spesa di circa 250 mila dollari l’anno. La stessa che una mano birichina, all’inizio del nostro racconto, appendeva sull’albero di Natale al posto delle solite e noiose palline colorate. Nel salone di una villa. Perché, come ha scritto una volta Marcello Marchesi, che non era un Rich Kid ma uno scrittore e sceneggiatore italiano, “Vorrei morire ucciso dagli agi, vorrei che di me si dicesse: ‘Come è morto? Gli è scoppiato il portafogli’”.

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