Il premier inglese David Cameron (foto LaPresse)

Cameron fa il duro sull'immigrazione

Daniele Raineri

Troppi disoccupati in cerca di fortuna, soprattutto da Italia e Spagna, e pasciuti dal welfare britannico. Il premier inglese ora promette “le regole più dure d’Europa, quelle di Thatcher”, ma il populista Farage ghigna.

Roma. A cinque mesi dal voto del 7 maggio, il premier inglese David Cameron prova a fare il duro sul tema dell’immigrazione proveniente dall’Unione europea, che agita assai gli elettori britannici. Dal podio di una fabbrica di Rocester nello Staffordshire promette con un discorso definito “di svolta” di rendere la Gran Bretagna meno desiderabile per i disoccupati che vengono dal resto dell’Europa – una settimana dopo il trionfo elettorale della destra populista e anti immigrati dell’Ukip a Rochester, uguale però con la h. Se io sarò rieletto – dice Cameron – toglierò agli immigrati i benefit garantiti oggi dal welfare inglese per i lavoratori con poco reddito, come i sussidi di disoccupazione e per la casa, le esenzioni fiscali e gli aiuti in denaro per i bambini a carico, per i primi quattro anni di lavoro in Gran Bretagna. Non si potrà più arrivare dall’estero senza una chiara offerta di lavoro, e se non si trova un’occupazione entro sei mesi si dovrà lasciare il paese. Inoltre non ci saranno più pagamenti alle famiglie per aiutare a prendersi cura dei minori se i minori vivono fuori dal paese. “E’ un ritorno alle regole stabilite da Margaret Thatcher, poi annullate dalla Corte europea – ha detto – sarà il sistema di welfare più duro con gli immigrati in tutta Europa”. Ho fatto scattare l’allarme a Bruxelles con questo discorso – ha scherzato quando un allarme dentro la fabbrica ha interrotto il suo discorso. Ma non è sembrato così duro, e il Guardian definisce l’annuncio “a climb down” – una caduta rispetto alle aspettative.

 

Già nel 2010 il premier inglese aveva promesso di abbassare il livello dell’immigrazione “a poche decine di migliaia” di persone all’anno. Poi aveva stabilito come obiettivo quello di scendere sotto quota centomila immigrati l’anno. Ma i flussi migratori non ascoltano e nel 2013 l’immigrazione è stata di 260 mila persone, in accelerazione rispetto ai già tanti 182 mila dell’anno prima, e non ci si aspetta un rallentamento. La questione è diventata un potenziale disastro politico, specialmente ora che l’Ukip è così in alto nei sondaggi e fa proposte come deportare nei paesi d’origine gli immigrati che già vivono in Gran Bretagna e uscire dall’Unione europea.

 

Una parte di questo aumento di immigrati è dovuta anche all’afflusso di giovani da Italia e Spagna, in cerca di occupazione lontano dai loro mercati del lavoro nazionali, troppo stagnanti, e dagli stati membri più recenti dell’Unione europea, come Bulgaria, paesi baltici e Romania. L’Economist scrive che dopo l’accesso della Polonia – ricordate il famigerato idraulico polacco? – e di altri paesi dell’Europa dell’est il numero netto degli immigrati è arrivato a un milione e mezzo tra il 2004 e il 2011, rispetto al milione più o meno stabile dei decenni precedenti, e questo afflusso mette a dura prova il welfare inglese, che è congegnato in modo da risultare specialmente generoso con gli europei (che, per fare un esempio, hanno meno difficoltà nel ricongiungimento con il coniuge rispetto all’inglese che sposa una straniera).

 

[**Video_box_2**]Quando sei settimane fa, a ottobre, Cameron ha annunciato che avrebbe presto preso misure drastiche sul tema dell’immigrazione, sembrava che dal discorso di oggi sarebbe dovuto uscire un gran stravolgimento. Poi il tempo è passato e i suoi collaboratori hanno fatto filtrare alla stampa alcune bozze di proposta, le meno tolleranti, che sono state scaricate per strada – come l’idea di assegnare a ogni paese una quota massima e predefinita di immigrati. Il risultato è stato definito ieri troppo modesto, anche se si capisce che il premier inglese ha dovuto fare i conti con l’opposizione degli stati europei e in particolare dalla Germania – questa settimana c’è stata una telefonata con il cancelliere Angela Merkel. Per esempio, l’idea di concedere la possibilità di un cosiddetto “brake”, un freno all’immigrazione da far scattare in caso di necessità, è stata bocciata. Ieri il premier ha detto che il freno sarebbe un meccanismo azionato “secondo un criterio arcano da una commissione Ue e non da noi”, e per questo non fa parte del pacchetto.

 

In ogni caso, gli annunci sull’immigrazione di Cameron, anche se meno drastici di quanto pensato, prevedono che i trattati europei siano modificati. Il rivale Nigel Farage lo aspetta su questo terreno: credere di poter controllare l’immigrazione e stare dentro all’Ue è un’illusione, dice il leader dell’Ukip, l’unica possibilità è uscire. “Cameron dice di volere il sistema più duro di tutta l’Ue, ma il sistema più duro che puoi avere se fai parte dell’Ue è soltanto quello dell’Ue”.

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  • Di Genova. Nella redazione del Foglio mi occupo soprattutto delle notizie dall'estero. Sono stato corrispondente dal Cairo e da New York. Ho lavorato in Iraq, Siria e altri paesi. Ho studiato arabo in Yemen. Sono stato giornalista embedded con i soldati americani, con l'esercito iracheno, con i paracadutisti italiani e con i ribelli siriani durante la rivoluzione. Segui la pagina Facebook (https://www.facebook.com/news.danieleraineri/)