Romano Prodi (foto LaPresse)

Quanto gode Romano Prodi

Claudio Cerasa

Nello zoo costruito in questi mesi dagli amici che hanno dato vita al famoso patto del Nazareno, c’è una nuova tipologia di volatile destinata ad affermarsi con forza se i gufi e gli allocchi che hanno messo in scena una spietata caccia al piccione riusciranno ad avere la meglio sull’asse dei calabroni  (Renzi più Berlusconi).

Roma. Nello zoo costruito in questi mesi dagli amici che hanno dato vita al famoso patto del Nazareno, c’è una nuova tipologia di volatile destinata ad affermarsi con forza se i gufi e gli allocchi che hanno messo in scena una spietata caccia al piccione riusciranno ad avere la meglio sull’asse dei calabroni  (Renzi più Berlusconi). Il volatile in questione, che ha cominciato a osservare il patto del Nazareno come se fosse una gustosa carcassa da spolpare fino all’ultimo ossicino, corrisponde al minaccioso profilo dell’avvoltoio. E, naturalmente, l’azionista numero uno del partito degli avvoltoi coincide con il nome di un politico la cui carriera futura è inversamente proporzionale alla forza che saprà (ancora) sprigionare l’asse dei calabroni: Romano Prodi. Inutile prendersi in giro: capire il destino del patto del Nazareno ha un interesse specifico non solo per sapere che fine farà la legge elettorale, ma anche per decidere quale sarà l’equilibrio politico che accompagnerà l’uscita di scena di Giorgio Napolitano. Il prossimo 31 dicembre, nel suo discorso di fine anno, il presidente della Repubblica annuncerà le sue imminenti dimissioni dal Quirinale e l’intenzione di Re Giorgio e di Matteo Renzi è quella di far scegliere a questo Parlamento il suo successore e di far sì che sia il nuovo capo dello stato a nominare, quando sarà, il prossimo governo. Il patto del Nazareno con ogni probabilità continuerà a essere il cuore pulsante di questa legislatura e ci sono molte ragioni per credere che l’ultimatum dato da Renzi a Forza Italia (ultimatum indirizzato più alla minoranza del partito che alla maggioranza del partito) sia più un assist a Berlusconi che una minaccia rivolta al Cavaliere. Ma i molti segnali incrociati appuntati in queste ore sul taccuino del presidente del Consiglio (la nomina di un membro del Csm ottenuta con il consenso di Pd e M5s, l’approvazione in commissione Giustizia al Senato di un emendamento sulla responsabilità civile ottenuta con i voti dei Cinque stelle, l’apertura sul dopo Napolitano mostrata dal vicepresidente della Camera, Luigi Di Maio, in un’intervista al Corriere) sono stati interpretati a Palazzo Chigi non come la certificazione di una nuova maggioranza immediatamente disponibile per il Partito democratico ma come la base (pericolosa?) sulla quale potrebbe nascere come un fungo la candidatura al Quirinale di Romano Prodi.

 

Ragionamento fatto a Palazzo Chigi: “L’accordo con Berlusconi oggi è in discussione e non è sul punto di crollare. Ma gli scricchiolii osservati in questi giorni tra il Pd e Forza Italia potrebbero trasformarsi in una rottura clamorosa quando toccherà nominare il nuovo presidente della Repubblica. E Romano, incredibilmente, potrebbe tornare in campo”. Lo schema del patto del Nazareno, ovvero un’alleanza di sistema tra il partito di Renzi e quello di Berlusconi, è destinato a essere l’architrave intorno al quale si andrà a costruire la scelta del successore di Giorgio Napolitano ed è all’interno di questa cornice che a Renzi sono arrivate negli ultimi mesi una lunga serie di candidature e di autocandidature. Da Roberta Pinotti (unica donna in campo) a Walter Veltroni (unico ex sindaco in campo). Passando per Dario Franceschini (che ci crede molto e che ha persino sciolto la sua corrente come prova di lealtà al presidente del Consiglio) e Anna Finocchiaro (presidente della commissione Affari costituzionali al Senato, commissione strategica per il destino della legge elettorale, alla quale alcuni renziani, facendo svenire di gioia la minoranza del Pd, stanno non casualmente lasciando intendere che in caso di esito positivo della trattativa sull’Italicum potrebbero aprirsi le porte anche del Quirinale, ma l’impressione è che sia solo e unicamente una mossa dettata dalla politica dello spin).

 

In questo schema, ovviamente, il nome di Romano Prodi non può essere contemplato, se davvero il successore di Napolitano deve essere un nome gradito anche al presidente Berlusconi. Ma la fragilità non tanto politica quanto numerica dell’asse dei calabroni (Renzi più Berlusconi) rischia di creare all’interno del Parlamento una sorta di effetto 101 al contrario. Dove questa volta i 101 in campo potrebbero ripetere con i campioni del Nazareno la stessa operazione compiuta in piccolo nelle ultime settimane con i candidati proposti da Berlusconi e Renzi per un posto alla Consulta: bocciare, bocciare, bocciare.

 

[**Video_box_2**]Paradossalmente, l’elezione di un membro della Consulta, dal punto di vista numerico, è meno complicata dell’elezione di un presidente della Repubblica (dalla quinta votazione in poi serve solo la maggioranza relativa dei grandi elettori, per i membri della Consulta occorre sempre la maggioranza assoluta, e gli stessi voti che non hanno permesso a Luciano Violante di essere eletto alla Consulta gli sarebbero stati sufficienti per essere eletto al Quirinale dopo la quinta votazione). Ma la difficoltà con cui sia il Pd (407 parlamentari) sia soprattutto Forza Italia (130 parlamentari) controllano i propri gruppi – è questa la convinzione che comincia a girare tra i corridoi di Palazzo Chigi – alla lunga potrebbe creare una maggioranza a sorpresa. Esattamente sullo schema dell’elezione di Alessio Zaccaria al Csm (537 voti) e di Silvana Sciarra alla Consulta (630 voti). Senza contare i grandi elettori che parteciperanno all’elezione del successore di Napolitano (grandi elettori che arrivando dalle regioni sono in stragrande maggioranza esponenti del centrosinistra), a oggi il Pd e il Movimento 5 stelle possono disporre insieme di 550 voti (407 il Pd, 143 M5s). Che sommati ai 33 di Sel e ai 15 senatori usciti dal 5 stelle fanno 598. A oggi – oggi che il patto del Nazareno scricchiola ma resiste – questi numeri contano fino a un certo punto. Ma dimostrano che il Pd di Renzi ha tutte le carte per poter dire alla minoranza di Forza Italia che se salta il patto del Nazareno rischia non solo di saltare una legge elettorale che potrebbe far comodo anche al partito di Berlusconi ma rischia di saltare soprattutto anche l’accordo del TTP. Il partito del Tutti Tranne Prodi al prossimo Quirinale. Il professore lo sa. Ci spera. Ci riflette. Non si espone ma si propone. E ricorda bene come un anno e mezzo fa gli elettori di Beppe Grillo inserirono il suo nome nella rosa dei Quirinabili a 5 stelle. I grillini trovarono un altro campione (Rodotà-tà-tà) da lanciare al Quirinale. Ma anche i parlamentari del Cinque stelle sanno che un domani lo scricchiolio del patto del Nazareno potrebbe portare al clamoroso ritorno dell’azionista numero uno del partito dei gufi e degli avvoltoi: naturalmente, Romano Prodi.

  • Claudio Cerasa Direttore
  • Nasce a Palermo nel 1982, vive a Roma da parecchio tempo, lavora al Foglio dal 2005 e da gennaio 2015 è direttore. Ha scritto qualche libro (“Le catene della destra” e “Le catene della sinistra”, con Rizzoli, “Io non posso tacere”, con Einaudi, “Tra l’asino e il cane. Conversazione sull’Italia”, con Rizzoli, “La Presa di Roma”, con Rizzoli, e "Ho visto l'uomo nero", con Castelvecchi), è su Twitter. E’ interista, ma soprattutto palermitano. Va pazzo per i Green Day, gli Strokes, i Killers, i tortini al cioccolato e le ostriche ghiacciate. Due figli.