Il caldo relativo

Redazione

Chi fa allarmismo climatico guarda solo i dati che gli fanno comodo

Giovedì gli stati dell’Unione europea hanno stipulato l’ennesimo accordo sul clima, con un obiettivo temporale abbastanza lontano per non doversene preoccupare subito, il 2030, e una percentuale di taglio alle emissioni abbastanza elevata da non poter essere raggiunta troppo in fretta. L’accordo prevede infatti una riduzione obbligatoria delle emissioni di CO2 del 40 per cento rispetto ai livelli del 1999 e di portare al 27 per cento la quota di energia proveniente da fonti rinnovabili sulla produzione totale. Lo scopo è quello di fermare l’aumento delle temperature globali (che però dettaglio non indifferente, non aumentano da una quindicina d’anni a detta dello stesso panel di esperti dell’Onu che studia il problema) che porterebbe il mondo all’autodistruzione. L’annuncio dell’accordo arriva pochi giorni dopo la notizia che il mese scorso sarebbe stato il settembre più caldo di sempre e che il 2014 si appresterebbe a giocarsi il titolo di anno più sudato con il 1998. Vero, se si prendono i dati che arrivano dai sensori su terra e mare (sulla cui non troppo omogenea distribuzione andrebbe fatto un discorso a parte), falso se si leggono le misurazioni dei satelliti. Come segnalato dall’attento sito Climatemonitor.it, i dati dei satelliti della Nasa non riscontrano significative anomalie nelle temperature globali in questo 2014, anzi, confermerebbero il lieve calo (0,1 °C) registrato negli ultimi cinque lustri. Per farla breve, il 2014 dovrebbe concludersi con temperature globali medie in linea con gli anni passati.

 

La scienza sul clima è ancora lontana dall’avere certezze, e questa differenza tra gli stessi dati ottenuti da misuratori diversi non fa che confermarlo. Chi promuove campagne e politiche di lotta ai cambiamenti climatici di volta in volta usa il dato più utile alla propria idea per fare breccia nell’opinione pubblica. Spesso esagerando, come il climatologo Giampiero Maracchi, il quale parlando delle cosiddette “bombe d’acqua” sostiene che in Toscana queste siano triplicate negli ultimi anni. Anche qui, i dati aiutano a trovare la giusta misura: entità e frequenza attuali delle precipitazioni in quella regione sono uguali a quelle del periodo 1960-2000. Anzi, persino un po’ più basse.

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