Sostenitori delle minoranze religiose in Pakistan cantano slogan contro la legge sulla blasfemia in Pakistan e per la liberazione di Asia Bibi (foto AP)

Qual è il futuro della libertà religiosa nell'azione del governo Renzi

Pasquale Annicchino

La conferma della condanna a morte di Asia Bibi per blasfemia da parte dell’Alta Corte di Lahore giunge in un momento difficile, ma può rappresentare un'opportunità per coloro che hanno a cuore le sorti del diritto di libertà religiosa.

La conferma della condanna a morte di Asia Bibi per blasfemia da parte dell’Alta Corte di Lahore giunge in un momento difficile, ma può rappresentare un'opportunità per coloro che hanno a cuore le sorti del diritto di libertà religiosa. A questo punto ci sarà infatti da attendere la pronuncia della Corte Suprema del Pakistan e, nel frattempo, potrebbero crescere le pressioni internazionali per puntare a una assoluzione. L’inclusione della libertà di religione fra le priorità del Servizio europeo per le relazioni esterne (il servizio diplomatico europeo creato dal Trattato di Lisbona), confermata durante l’audizione del ministro Federica Mogherini al Parlamento europeo dello scorso 6 ottobre, non è passata inosservata dall’altra parte dell’Atlantico. Pochi giorni dopo, esperti provenienti da tutto il mondo erano riuniti prima a Provo, la “capitale” della Chiesa di Gesù Cristo dei santi degli ultimi giorni (i mormoni) in Utah, e poi a Washington D.C., per discutere della centralità di questo tema nella politica estera degli Stati Uniti e dell’Unione Europea.

 

A partire dal 1998, con l’approvazione dell’International Religious Freedom Act, il governo degli Stati Uniti ha istituito un ufficio speciale presso il Dipartimento di Stato, un ambasciatore per la libertà religiosa, una commissione denominata "Uscirf" (U.S. Commission on International Religious Freedom) e ha creato un'infrastruttura istituzionale con l’obiettivo di promuovere il diritto di libertà religiosa nella sua politica estera.

 

Oggi, 15 anni dopo, sono sempre di più gli stati che hanno compreso la rilevanza di tale azione e si sforzano di istituzionalizzarne la promozione creando meccanismi ad hoc. Lo hanno fatto il Canada e la Norvegia con la creazione di un ambasciatore per la libertà religiosa; lo ha fatto il Regno Unito, mediante l’approvazione di misure specifiche in seno al Foreign and Commonwealth Office; lo ha fatto la Francia con la creazione di un pôle religions al Quai d’Orsay; lo aveva fatto anche l’Italia (forse maldestramente) con l’istituzione dell’Osservatorio per la libertà religiosa al ministero degli Affari esteri, poi non riconfermato dal ministro Bonino. Da giugno 2013 anche l’Unione europea ha approvato linee guida specifiche per mettere al centro della sua azione esterna la promozione del diritto alla libertà religiosa e la lotta alle persecuzioni su base confessionale. Il ruolo che il governo italiano ha avuto nel caso di Meriam Ibrahim e le dichiarazioni del ministro Mogherini al Parlamento europeo hanno quindi generato importanti aspettative negli Stati Uniti (anche se a Washington si dice che fortissima sia stata la spinta della Santa Sede).

 

[**Video_box_2**]Cosa farà Mogherini? Potenzierà il piccolo team che a Bruxelles si occupa del tema? Si sforzerà di creare progetti specifici? Oppure la dichiarazione era soltanto da ritenersi programmatica e non avrà ricadute effettive? In un incontro a porte chiuse tenutosi la scorsa settimana a Washington, al quale hanno preso parte alcuni funzionari che al Dipartimento di Stato e alla U.S. Commission on International Religious Freedom si occupano del tema, l’interesse dimostrato sia verso Mogherini sia sul prossimo ministro degli Esteri italiano era notevole. Ma il presidente del Consiglio, Matteo Renzi, che tanto si era prodigato per spiegare il perché dell’azione italiana sul caso Meriam, non ha più affrontato il discorso, nonostante l’aumento delle persecuzioni religiose a causa dell’avanzata dello Stato islamico in Siria e Iraq. A Washington ci si chiede quindi se Renzi e Mogherini facciano sul serio. Sull’ultimo numero della Review of Faith and International Affairs, Knox Thames, director of policy della Commissione statunitense, ha avanzato l’idea di una “Transatlantic Partnership” tra i paesi che hanno intenzione di inserire la libertà religiosa al centro della loro azione nella politica estera. L’interesse monta e gli Stati Uniti questa volta sembrano aver realizzato che non possono intestarsi da soli la battaglia. Hanno bisogno di partner, per questo si aspettano le prossime mosse di Mogherini a Bruxelles con un occhio di riguardo a Roma, anche alle sollecitazioni d’Oltretevere. In un clima sempre più difficile per i cristiani e per tutte le minoranze religiose (anche per gli stessi musulmani), ci sarebbe da pensarci sul serio. Come ci sarebbe da dire al premier Renzi che gli avvocati che hanno lavorato per far liberare Meriam Ibrahim ora sono in serio pericolo, senza passaporto e con il rischio di denuncia piede libero. Sono lunghe e tortuose le strade della libertà, en attendant Mogherini.