Roseo è l'amore

Guido Vitiello

Il nuovo libro di Vito Mancuso alla luce del mio concilio di Calcedonia sulla teologia delle copertine.

L’idea che non si possa giudicare un libro dalla copertina è una pericolosa eresia, da contrastare con tutte le armi dell’apologetica. Inclina per un verso al docetismo – l’esteriorità di un volume è degradata a mera apparenza, fantasma, come le spoglie mortali di Cristo – e per altro al nestorianesimo, postulando due nature distinte, la copertina e i fascicoli delle pagine, tenute accidentalmente assieme da una costola. E invece l’esterno e l’interno di un libro sono, per l’ortodossia, un’unica ipostasi. Forte delle conclusioni del mio privato concilio di Calcedonia, rivendico il diritto di giudicare il nuovo libro del teologo laico Vito Mancuso dalla copertina, dove su campo bianco un cuore stilizzato fa da apostrofo rosso tra le parole “Io” e “amo”. Sottotitolo: “Piccola filosofia dell’amore”.

 

E’ un libro che si annuncia piccolo, obietterà qualcuno, non facevi prima a leggerlo? Lo so, ma volevo mettere alla prova un altro caposaldo della mia erigenda teologia della cultura, il dogma che postula l’infallibilità di Gad Lerner ex cathedra televisiva nel reclutare e magnificare le eminenze di quello che chiamerei il pensiero grigio, o stinto. La copertina di “Io amo” non è grigia, è bianca e rossa. Abbinamento cattolicissimo, che a qualcuno ricorderà lo sposo “candidus et rubicundus” del Cantico dei Cantici, a qualcun altro il figlio “bianco e vermiglio” della lauda di Jacopone, e che a me evoca piuttosto una pagina di Chesterton (in “Ortodossia”) dove si parla, guarda caso, proprio della dottrina cattolica dell’amore e del matrimonio: “E’ vero che la chiesa storicamente ha insieme esaltato il celibato ed esaltato la famiglia, è stata insieme (per così dire) aspramente contro l’aver figli e aspramente contro il non averne. Ha tenuto questi due princìpi l’uno al lato dell’altro, come il rosso e il bianco sullo scudo di san Giorgio. Ha sempre avuto un salutare orrore per il roseo”. Ecco il segno inequivocabile dello scrittore cristiano di robusta tempra spirituale: il senso vivo del paradosso, delle antinomie fiammeggianti che non si lasciano conciliare in uno scialbo compromesso a metà strada. Che il cuoricino rosso su campo bianco dello stemma di san Vito sia dunque di buon auspicio?

 

[**Video_box_2**]Chissà. Ma ricordo anche di aver letto tempo fa, sul Post, un articolo molto competente dove si diceva che il rosso e il bianco sono, nel cinema italiano, i colori d’obbligo su tutte le locandine delle commedie sentimentali. Mi sono chiesto se qualcosa del genere valesse anche per l’editoria, e con una breve ricerca ho potuto facilmente constatare che la copertina di “Io amo” di Vito Mancuso, cuoricino compreso, è largamente sovrapponibile a quelle dei seguenti libri: “Impara a dire ti amo”, “Ti amo comunque”, “Amore ai tempi dello stage”, “Ti amo” di Francesco Alberoni, “L’amore è tutto” di Michela Marzano e “Amore 14” di Federico Moccia. Quei libri, insomma, che solo a vederli ti vien voglia di mettere lucchetti a Ponte Milvio, intagliare cuori sulle cortecce e scrivere Tvtb sul diario. Anche qui il bianco e il rosso fanno un contrappunto cromatico vigoroso; ma solo perché nella mente del lettore si combinino a formare un terzo colore occulto: il rosa. La copertina di “Io amo” evoca dunque al tempo stesso Chesterton e Moccia. Vedete bene che non è possibile. Sono stato così costretto ad aprire il libro, e a piluccare frasi qua e là, per farmi un’idea. Ho letto, per esempio, che nell’amore l’ego deve essere aperto, tirato, disteso “come la pasta quando si fanno le tagliatelle” (Meister Eckhart al tempo di Giovanni Rana). Ho letto che, proprio come il corpo, l’anima dev’essere mantenuta in forma con un nutrimento sano e con una buona igiene, “pulita con la medesima cura con cui ci facciamo la doccia, accarezzata con la medesima delicatezza con cui ci spalmiamo le creme” (Evagrio Pontico in versione Neutro Roberts). Ho trovato una profonda disquisizione sul tema: le onde dell’innamoramento ricordano più le onde meccaniche, elettromagnetiche o quantistiche? Poi sono piombato sull’incipit: “Dov’eri, cosa pensavi, cosa facevi quando la freccia di Eros ti trafisse per la prima volta?”, e ho avuto la conferma che cercavo. Alleluia, Lerner è infallibile.

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