Papa Francesco presiede la seduta pomeridiana del sinodo (foto AP)

Toh, si riparte dalla Humanae vitae

Matteo Matzuzzi

Al sinodo si parla italiano, ma niente tweet. Pastorali sì, ma con vera dottrina

Roma. Il cardinale Lorenzo Baldisseri, segretario generale del Sinodo, richiama all’ordine i padri in apertura di seduta, alle nove precise: “Vietato usare Twitter!”. Non si sa mai che qualche spiffero di troppo possa uscire dall’Aula nuova, o che qualcuno possa distrarsi, magari maneggiando il telecomando simil televoto per dare (o negare) il placet alle risoluzioni e perdere il filo del discorso tenuto dai colleghi lì convenuti – quattro minuti a testa, si raccomanda dal banco della presidenza – ché il Sinodo straordinario è breve e c’è poco tempo. Ultima novità annunciata, è che d’ora in poi si parlerà in italiano e non più in latino, “così ha deciso il Papa”.  Prima giornata dedicata alle grandi relazioni, quella di Baldisseri che ricorda l’ultimo sinodo, nel 2012, guidato “dall’allora Santo Padre Benedetto XIV”, venendo subito corretto da Francesco, e quella molto più lunga e articolata del relatore generale, il cardinale arcivescovo di Budapest, Péter Erdö.

 

Ha impiegato un’ora esatta, il porporato ungherese, per leggere la sua Relatio ante disceptationem, che tiene conto anche dei testi dei padri sinodali giunti con largo anticipo a Roma. Affronta punto per punto tutti i temi dell’Instrumentum laboris, fino a citare quel documento magisteriale del 1968 che qualche prelato, nei mesi scorsi, voleva archiviare perché incomprensibile: “E’ possibile una riproposta positiva del messaggio dell’Humanae Vitae attraverso un’ermeneutica storica adeguata, che sappia cogliere i fatti storici e le preoccupazioni che hanno retto la sua stesura da parte di Paolo VI”. Il punto, ha chiarito Erdö, è che “occorre rileggere l’enciclica nella prospettiva che lo stesso Paolo VI indicava nell’udienza del 31 luglio 1968 – ‘non è soltanto la dichiarazione di una legge morale negativa, cioè l’esclusione di ogni azione che si proponga di rendere impossibile la procreazione, ma è soprattutto la presentazione positiva  della moralità coniugale in ordine alla sua missione d’amore e di fecondità nella visione integrale dell’uomo e della sua vocazione’”. Il relatore generale ha anche ricordato che non di dottrina dovrà dibattersi – e comunque, ha spiegato il segretario speciale, mons. Bruno Forte, “la dottrina non va usata come una clava” – ma di “soluzioni pratiche”, che però sono “inseparabili dalle verità di fede”. E tra le verità ferme, c’è l’inscindibilità di giustizia e misericordia: “Sono inseparabili. Giustizia e misericordia sono nell’Antico Testamento proprietà di Dio che in lui coincidono”. La misericordia, infatti, “non elimina la verità e non la relativizza, ma conduce a interpretarla correttamente nel quadro della gerarchia delle verità. Non elimina neanche l’esigenza della giustizia”. Matrimonio e famiglia, ha aggiunto, “sono beni originari della cultura dell’umanità, patrimonio che va custodito, promosso e quando necessario difeso”. Famiglia che, ha osservato ancora Erdö, “incontra certamente molte difficoltà, ma non è un modello fuori corso”. Uno dei compiti del Sinodo sarà di cercare linee pastorali condivise. E questo, ha detto il porporato ungherese, “deve valere anche a livello di chiese locali, evitando le improvvisazioni di una pastorale fai da te che finisce con il rendere più difficile l’accoglienza del Vangelo della famiglia”.

 

[**Video_box_2**]Qualche parola, Erdö, l’ha spesa anche sulla questione più controversa, quella del riaccostamento alla comunione dei divorziati risposati: “Appartengono alla chiesa anche i divorziati risposati – cosa che neppure Lefebvre ha mai messo in dubbio (ndr.) – che hanno il diritto di essere accompagnati dai loro pastori”. Temi sui quali si è iniziato a dibattere da ieri, con i primi capitoli dell’Instrumentum laboris (il disegno di Dio su matrimonio e famiglia e la conoscenza della Sacra Scrittura e del Magistero su matrimonio e famiglia). Tra i primi a intervenire, i cardinali Rodríguez Maradiaga, Martínez Sistach, Napier e Marx. A giudizio di quest’ultimo, la “chiesa ha bisogno di un dibattito pubblico sui temi del Sinodo”, auspicando che “alla nuova situazione di oggi si risponda con il Vangelo”. E’ intervenuta, nel pomeriggio, anche la coppia  dei coniugi australiani Pirola, che ha citato come esempio di misericordia la decisione di una coppia di amici “fedeli agli insegnamenti della chiesa” di accogliere in casa per le festività natalizie il compagno del loro figlio omosessuale.

 

Confronto franco e libero, ha chiesto il Papa salutando i padri sinodali in apertura di congregazione, ieri mattina: “Vi domando di parlare con parresia e ascoltare con umiltà”. Voi, ha aggiunto, “portate la voce delle chiese particolari, radunate a livello di chiese locali mediante le conferenze episcopali. Avete una grande responsabilità, portare le realtà e le problematiche delle chiese per aiutarle a camminare su quella via che è il Vangelo della famiglia”. E la condizione di base è il “parlare chiaro”. Nessuno affermi, ha sottolineato il Pontefice, che qualcosa non si può dire: “Bisogna dire tutto ciò che si sente. Dopo l’ultimo concistoro di febbraio, un cardinale mi ha scritto dicendo ‘peccato che alcuni cardinali non hanno avuto il coraggio di dire alcune cose per rispetto del Papa, ritenendo che forse il Papa pensasse qualcosa di diverso’. Questo non va bene, questo non è sinodalità, perché bisogna dire tutto quello che nel Signore si sente di dover dire”. Al tempo stesso, però, “si deve ascoltare con umiltà e accogliere con cuore aperto quello che dicono i fratelli”. Un messaggio anche per chi teme derive dottrinali incombenti: “Parlate e ascoltate con tranquillità e pace, perché il Sinodo si svolge sempre cum Petro e sub Petro, e la presenza del Papa è garanzia per tutti e custodia della fede”.

 

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  • Matteo Matzuzzi
  • Friulsardo, è nato nel 1986. Laureato in politica internazionale e diplomazia a Padova con tesi su turchi e americani, è stato arbitro di calcio. Al Foglio dal 2011, si occupa di Chiesa, Papi, religioni e libri. Scrittore prediletto: Joseph Roth (ma va bene qualunque cosa relativa alla finis Austriae). È caporedattore dal 2020.