Matteo Renzi (foto LaPresse)

Renzi e la giustizia. [email protected]

Redazione

Ve ne sarete accorti. Questo giornale non ha alcun pregiudizio negativo sul governo Renzi, osserva con partecipazione la battaglia del Rottamatore contro il partito della noia, si rallegra nel veder cestinati alcuni polverosi tabù del passato.

Ve ne sarete accorti. Questo giornale non ha alcun pregiudizio negativo sul governo Renzi, osserva con partecipazione la battaglia del Rottamatore contro il partito della noia, si rallegra nel veder cestinati alcuni polverosi tabù del passato e gode in un modo che voi umani neanche potete lontanamente immaginare nel veder rottamato giorno dopo giorno, passo dopo passo, l’anti berlusconismo, la sinistra delle tartine, il partito delle procure, la gauche al caviale e i talebani della Costituzione. Sappiamo bene che in Italia ci sono alcuni simboli che sono diventati come dei totem e che abbattere quei totem spesso vale più di una riforma.

 

Sappiamo bene tutto questo. Ma sappiamo anche – perché siamo innamorati ma non del tutto fessi e accecati – che esistono alcuni campi in cui la battaglia simbolica non ha senso se l’accetta la si usa solo per tagliare un ramo e non per segare il tronco. Siamo andati a studiarci il dossier sulla riforma della giustizia e abbiamo scoperto che le cose per il governo non vanno molto bene. Seguite il filo. Il 29 agosto, quando il Consiglio dei ministri ha approvato la “storica” riforma della giustizia, il governo ha fatto la stessa cosa che solitamente fa con tutte le sue “grandi” riforme: la ciccia (processo penale, intercettazioni, responsabilità civile dei magistrati) nel disegno di legge delega e il resto (le molliche) nel decreto legge. Trentaquattro giorni dopo (dicesi trentaquattro) l’approvazione in Cdm la situazione è questa: la ciccia è ancora all’esame della Ragioneria di stato e il decreto molliche, ci permettiamo di chiamarlo così, esaminandolo con attenzione si presenta come un contenitore molto pregiato e seducente ma totalmente privo di contenuto. Il decreto a cui facciamo riferimento, per gli appassionati della materia, è il numero 132, “recante misure urgenti di degiurisdizionalizzazione ed altri interventi per la definizione dell’arretrato in materia di processo civile”, ed è il famoso decreto con il quale Renzi ha promesso che, come in un lampo, avrebbe ridotto i tempi della giustizia civile (oggi, in Italia, esistono 5,2 milioni di cause pendenti e il tempo medio per una sentenza civile di primo grado è di 945 giorni). Grazie al decreto numero 132 Renzi ha promesso dunque che il nostro paese otterrà una riduzione di un terzo dei tempi necessari per una sentenza di primo grado ma gli strumenti contenuti nel decreto ed esaminati in questi giorni dalla commissione Giustizia di Palazzo Madama sono tutto tranne che un blocco organico e rivoluzionario. In sostanza, il governo ha introdotto due forme alternative di risoluzione delle controversie per sgravare i tribunali da alcuni processi pendenti e limitare così il flusso di nuove cause. Primo strumento: il trasferimento ad arbitri della controversia pendente. Secondo strumento: il ricorso alla negoziazione assistita degli avvocati per evitare sia il processo sia l’arbitrato.

 

[**Video_box_2**]Due buone idee se non fosse che, una volta esaminato il testo, si è scoperto il piccolo inganno: entrambe le forme di conciliazione sono grossomodo già esistenti nell’ordinamento ed entrambe le forme di conciliazione, come sanno tutti gli avvocati, hanno sempre fallito: anche considerando che nella stragrande maggioranza dei casi quando le parti arrivano a un processo hanno già tentato, in tutte le forme possibili, una mediazione attraverso i loro avvocati – e anche la negoziazione assistita, nei paesi in cui è stata già introdotta, non ha mai prodotto alcun tipo di risultato apprezzabile (secondo un recente rapporto del Senato francese, paese in cui la negoziazione assistita è in vigore dal 2010, in media il nuovo strumento ha generato la bellezza di sette procedure all’anno, in tutto il paese). Nel decreto, a parte questi due elementi, non c’è sostanzialmente nient’altro. Il ministro Orlando ha promesso che il governo presenterà altri disegni di legge volti a intervenire sulle regole processuali ma ancora, purtroppo, non si è visto nulla. Renzi – sulla giustizia così come sul resto – è stato molto bravo a utilizzare alcune norme simboliche per segnare una cesura con il passato e ci sono alcuni simboli che ovviamente valgono più di mille riforme (il garantismo, la presunzione di innocenza, il primato della politica sul partito delle procure). Anche il taglio delle ferie ai magistrati (da 45 giorni a un massimo di 30, che però ancora sono dei provvedimenti virtuali che non sono ancora stati sbloccati dalla Ragioneria) è un atto simbolico importante; ma andando poi a ripassare i contenuti del disegno di legge delega (lato processo penale) a parte la norma sulla responsabilità civile dei magistrati (sacrosanta) le altre norme, come ormai ammettono anche nel Pd, incidono quasi nulla. In alcuni casi, nel disegno di legge delega, si notano provvedimenti che sono al fondo degli assist ai magistrati (riforma dell’autoriciclaggio, del falso in bilancio, della prescrizione). In altri casi si notano invece provvedimenti sui quali Renzi non ha ancora detto cosa pensa (sul dossier delle intercettazioni siamo tutti in trepidante attesa che il governo, come da richiesta di Renzi, riceva dai direttori dei giornali dei consigli su cosa fare) In altri casi ancora si notano invece i provvedimenti che clamorosamente mancano all’appello (e la separazione delle carriere? E la riforma della custodia cautelare?). Il presidente del Consiglio ha promesso che entro la fine dell’anno verranno trasformati in legge i provvedimenti approvati dal governo. Nell’attesa Renzi ha chiesto ai cittadini di inviare i loro suggerimenti a una casella di posta elettronica dal nome piuttosto ambizioso: [email protected]. Il nostro auspicio è che da qui alla fine dell’anno la stessa casella di posta elettronica, sul terreno della giustizia, non sia sostituita da un meno rassicurante [email protected]

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