Luigi De Magistris (foto LaPresse)

Giggetto 'a strascico

Redazione

Io non mollo, dice de Magistris, parlando persino di “legalità formale”, e concedendosi parole che, non fosse il sindaco di Napoli, mai concederebbe al sindaco di Napoli.

Luigi De Magistris, sindaco di Napoli con bandana arancione ed ex pm che in politica si dava da fare nel campo “forcaioli a prescindere” (con i vari Ingroia), è stato condannato a quindici mesi di reclusione per abuso d’ufficio ai tempi della scombiccheratissima inchiesta “Why not” (tradotto: tabulati telefonici di parlamentari acquisiti illecitamente, e intercettazioni a strascico foriere di condanne mediatiche). Un’inchiesta, la “Why not”, iniziata con un gran fumo di poteri forti e presunte logge massoniche (modello vecchia inchiesta “Phoney money”, pure quella rivelatasi una “sòla”) e finita con molti nulla di fatto e archiviazioni, oltre che con il rinvio a giudizio e ora con la condanna di “Giggetto”.

 

Piccolo particolare: “Why not” fu l’inchiesta che portò al crollo del governo Prodi (nel 2008), anche per via del polverone che investì Clemente Mastella, allora ministro della Giustizia, con campagna di stampa manettara anzichenò. Non che a quei tempi De Magistris fosse garantista come dimostra d’essere oggi, con se stesso, quando su Facebook scrive sfoghi amareggiati in cui si proclama innocente – come facevano i politici indagati per i quali l’ex pm ha sempre invocato le dimissioni – e in cui parla della “peggiore delle ingiustizie”: la condanna “per fatti insussistenti”, dice lui. E non si dimette da uomo della promessa e mai realizzata “primavera napoletana”, Giggetto (ha pedonalizzato il lungomare, quello sì, con gran scontento degli abitanti e liti furibonde all’interno della sua giunta). Io non mollo, dice, parlando persino di “legalità formale”, e concedendosi parole che, non fosse il sindaco di Napoli, mai concederebbe al sindaco di Napoli.

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