Susanna Camusso durante una manifestazione della Cgil a Roma (Foto Lapresse)

Statali all'acqua di rose

Redazione

Macché scioperi! I sindacati devono ringraziare i loro protettori

I sindacati suonano tamburi di guerra contro il blocco degli aumenti contrattuali nel pubblico impiego dal 2015, annunciato dal ministro della Pubblica amministrazione, Marianna Madia. La Cisl ad esempio si allinea all’estremismo corporativo della Cgil di Susanna Camusso, minacciando mobilitazioni e scioperi contro quello che il suo segretario Raffaele Bonanni definisce “uno scandalo”. E si capisce, visto che la confederazione è assai presente tra i dipendenti ministeriali. Né Camusso né Bonanni, peraltro, hanno promosso riti di ringraziamento nei confronti di un governo che (per ora) non ha operato un solo taglio di personale nella Pubblica amministrazione – un taglio alla greca, per dire – né a livello di stipendi né di norme e benefici che sono particolarmente generosi. La stessa legge delega di riforma, istituendo la mobilità, ha voluto limitarla a cinquanta chilometri, escludendo quindi una serie di categorie protette: una mobilità dunque all’acqua di rose, visto che in tutte le metropoli del mondo gli impiegati e i dirigenti pubblici, come quelli privati d’altronde, affrontano spesso spostamenti quotidiani da una città all’altra per andare al lavoro. Per non parlare poi dello psicodramma generato dal dimezzamento dei permessi sindacali: per duemila ministeriali – soprattutto della Cgil – tocca tornare alla scrivania, il che rappresenterebbe nientedimeno che un gravissimo vulnus democratico, come ama ripetere spesso Camusso.

 

Ma soprattutto è stata messa nel cassetto la trasformazione in senso privatistico dei contratti pubblici, l’unica soluzione per indurre le amministrazioni dello stato a lavorare più e meglio, e anche per eliminare un ingiusto privilegio nei confronti dei dipendenti privati. Si dirà che anche nello stato ci sono i precari; ma poi si fanno le tradizionali periodiche infornate, come quella appena garantita agli insegnanti dal presidente del Consiglio, Matteo Renzi. Il posto pubblico, insomma, resta a vita e può tranquillamente ignorare la crisi, la globalizzazione, il mercato, oppure la flessibilità. Non solo. Rimane pure economicamente più vantaggioso che nel privato, visto che gli statali che nel 2010 guadagnavano in media 2 mila euro più degli altri lavoratori, oggi, nonostante tutti i blocchi contrattuali (ma percepiscono anche loro il bonus da 80 euro), continuano a superarli considerevolmente, anche di migliaia di euro, in settori come magistratura e forze dell’ordine. Altro che minacciare quotidianamente la calata nelle piazze. Per adesso i nostri sindacalisti hanno poco o quasi nulla di che lamentarsi, dovrebbero piuttosto ringraziare perché gli statali il famoso bisturi renziano non l’hanno visto neppure a distanza, e per questo accendere dei ceri ai loro (molti) santi in paradiso.