Combattenti della milizia di Misurata sparano verso l'aeroporto internazionale di Tripoli (Foto Ap)

Americani e italiani abbandonano la Libia sempre più nel caos

Redazione

Kerry sospende le attività dell'ambasciata. I diplomatici evacuati in Tunisia. Via anche 100 italiani per gli scontri di Tripoli.

Gli Stati Uniti non vogliono che si ripeta un nuovo 11 settembre 2012, quando l'ambasciatore Chris Stevens e altri tre connazionali furono uccisi in un attacco alla missione diplomatica a Bengasi, e decidono per l'evacuazione del personale diplomatico dal Paese. Il personale dall'ambasciata di Tripoli era "troppo vicino", spiega Washington, "agli intensi scontri senza fine tra le milizie libiche". Il dipartimento di Stato americano ha sconsigliato ancora una volta a recarsi nel Paese e ha esortato tutti i cittadini sul posto a "lasciare immediatamente" la Libia.

 

L'evacuazione della rappresentanza diplomatica è una misura precauzionale presa in base a un "rischio reale", ha spiegato il segretario di Stato americano John Kerry da Parigi, dove partecipava alla riunione su Gaza, precisando che l'ambasciata non è chiusa ma che ha "sospeso" le sue attività. "Garantire la sicurezza del nostro personale è la priorità del dipartimento di Stato, e non abbiamo preso questa decisione a cuor leggero. Ma la sicurezza viene prima di tutto", ha sottolineato in una nota anche la portavoce Marie Harf, annunciando che il personale diplomatico è stato trasferito nella notte in Tunisia scortato da 80 marines. Non è noto per quanto tempo l'ambasciata Usa rimarrà inattiva ma, riconfermando "il sostegno al popolo libico durante questo periodo di sfide", Harf ha fatto sapere che si stanno "valutando le opzioni per un ritorno permanente dello staff quando le condizioni di sicurezza sul terreno miglioreranno".

 

Del resto, non sono solo gli americani, né solo le ambasciate occidentali, ad aver lasciato Tripoli (e Bengasi) negli ultimi mesi, ma anche paesi come Arabia Saudita e Algeria. Pur sconsigliando viaggi in Libia, la Farnesina riferisce sul proprio sito che l'ambasciata d'Italia resta comunque "aperta, operativa e sempre contattabile". Nessun ordine di evacuazione, ma gli italiani che hanno voluto lasciare la Libia sull'orlo di una nuova guerra civile, hanno potuto farlo "sotto protezione". E sono più di 100, ha reso noto la Farnesina, quelli trasferiti fuori dal Paese negli ultimi giorni. "Di fronte dell'aggravarsi della crisi in Libia, il ministro degli Esteri, Federica Mogherini, ha disposto da giorni un piano di tutela dei connazionali nelle zone più a rischio" che "attraverso l'ambasciata a Tripoli e in raccordo con l'Unità di crisi, aveva già attivato un monitoraggio della presenza italiana" nel Paese. 

 

Mentre gli Stati Uniti hanno rivolto un nuovo appello a una "soluzione pacifica", gli scontri tra le diverse milizie che si contendono l'aeroporto di Tripoli dal 13 luglio non si fermano: 47 i morti e 120 i feriti, è il bilancio provvisorio. Ad affrontarsi sono gli ex ribelli di Misurata che tentano di spodestare gli ex alleati anti-Gheddafi di Zintan dallo scalo internazionale che controllano dal giorno della caduta del regime nel 2011. Gli Zintani, accusati dai rivali di avere tra le loro fila combattenti e generali dell'esercito del Colonnello, vengono ritenuti il braccio armato del movimento liberale che, secondo alcuni deputati, avrebbe ottenuto più seggi degli islamisti alle elezioni del 25 giugno per il nuovo Parlamento. Il passaggio dei poteri dal Congresso generale nazionale libico (Gnc), il Parlamento uscente, alla nuova Camera dei rappresentanti è previsto il prossimo 4 agosto, in un clima di tensione che ha impedito alle autorità anche di svelare il luogo della cerimonia e della prima seduta. Il governo ad interim ha lanciato un ennesimo appello a fermare i combattimenti e a evitare "il crollo dello Stato".