Che ci fa Gribbels a Roma

Redazione

Uno può sempre tornare in un giorno di luglio a Roma, maltrattare i soliti cronisti, rinchiudersi in albergo, inforcare gli occhiali, salire sul taxi evitando il fotografo, recitare la parte del se stesso di un anno fa.

Uno può sempre tornare in un giorno di luglio a Roma, maltrattare i soliti cronisti, rinchiudersi in albergo, inforcare gli occhiali, salire sul taxi evitando il fotografo, recitare la parte del se stesso di un anno fa, prefigurare la vittoria “alle politiche” e gridare (come sempre) alla “perdita di democrazia”. Ma se quell’uno si chiama Beppe Grillo, e nel frattempo tutto è cambiato (compresa la linea del M5s), non si capisce quale senso abbiano lo sbarco muscolare sotto al Colosseo e il lancio dell’ennesimo “ultimatum” al Pd, con il quale comunque il M5s tratta per volere del guru Gianroberto Casaleggio. Che ci fa Grillo con la grancassa a Roma, ci si chiede, se gli tocca digerire la trattativa con Matteo Renzi mentre tutt’attorno si sgretola l’idea stessa che sorreggeva il M5s e persino Casaleggio pensa di prendere casa nella capitale, alla faccia della finora sbandierata lontananza geografico-antropologica che aveva portato alla vittoria e alla chiusura ermetica del M5s nella “scatola di tonno” parlamentare? Il comico è reduce dalla batosta elettorale (alle europee) che ha messo il M5s nella necessità di sedersi a malincuore al tavolo con il Pd per non cadere nell’irrilevanza, e da una batosta personale all’interno dello stesso movimento, dove ha vinto la linea del cosiddetto “dialogo”, propugnata dal giovane vicepresidente della Camera Luigi Di Maio oltreché dalla Casaleggio&Dissociati. Tanto più malinconico appare dunque il trito show grillesco alla buvette, e tanto più surreale il tentativo degli espulsi ex M5s (da Giovanni Favia in giù) di creare un movimento “diversamente grillino” (internet sì, ma “con democrazia”), ammiccando in autogestione ai ribelli del Pd.