
That win the best
Alzare il gomito
Quando si vince un campionato restando primi in classifica una quindicina scarsa di giorni in tutta la stagione o si ha un culo smodato oppure si è veramente forti. Il Manchester City un po' di culo ce l'ha, va detto, ma sfido chiunque provare a sostenere che il titolo in Premier League quest'anno lo meritasse qualcun altro. Certo, i Citizens hanno parecchi difetti, a cominciare dal fatto che sono tifati dai fratelli Gallagher. Sarà il troppo brandy, la pioggia o il malumore del mio setter nell'ultimo periodo, ma devo confessare che quest'anno mi sto divertendo a seguire la Liga spagnola. La Premier, stella polare del calcio mondiale, è finita, e ligio alla sua vocazione That Win the Best non aspetta la fine di campionati minori ancora in corso ma da oggi va in ritiro a preparare i Mondiali bevendo alcol come se fosse Gatorade.
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Manchester. Quando si vince un campionato restando primi in classifica una quindicina scarsa di giorni in tutta la stagione o si ha un culo smodato oppure si è veramente forti. Il Manchester City un po’ di culo ce l’ha, va detto, ma sfido chiunque provare a sostenere che il titolo in Premier League quest’anno lo meritasse qualcun altro. Certo, i Citizens hanno parecchi difetti, a cominciare dal fatto che sono tifati dai fratelli Gallagher, sono una squadra costruita con molti soldi e poco sentimento negli ultimi anni e forse hanno anche fatto qualche porcheria sul fair play finanziario e verranno puniti (scommettiamo che no, alla fine?). Eppure il manager cileno Pellegrini è riuscito a fottere Mourinho, Rodgers e pure Wenger (cosa che in verità fanno in molti spesso e volentieri) e portare in casa City il secondo campionato in tre anni. I Reds, suicidi in casa con il Chelsea prima che recuperati dal Crystal Palace da 3-0 a 3-3, rischiano di avere la prossima occasione per puntare al titolo tra altri 24 anni: difficile che Manchester United e Chelsea sbaglino un’altra stagione (Mourinho il secondo anno è quasi sempre perfetto, per i Red Devils il discorso è diverso).
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Il Liverpool ha però avuto il merito di lanciare un po’ di giovani interessanti, due dei quali – Sterling e Sturridge – vi consiglio di osservare con cura adesso, perché quando li vedrete in campo ai Mondiali nella prima partita dell’Italia contro l’Inghilterra potrebbero sfuggirvi. Il paonazzo manager della Nazionale inglese Roy Hodgson ha infatti mollato la pinta e fatto convocazioni rischiose ma intelligenti: giovani in squadra e tanti saluti a vecchi arnesi come Carrick e Defoe. Al momento a Londra e dintorni la mossa è piaciuta, staremo a vedere. Piuttosto pare che questo sabato l’Hull City potrebbe essere decisivo per i destini di un pezzo grosso della Premier League: le Tigri giocheranno infatti la finale di FA Cup contro l’Arsenal, e secondo alcune ricostruzioni circolate ieri, il manager dei Gunners Arsène Wenger avrebbe rifiutato un’offerta del Monaco più o meno con queste parole: “Se vinco la coppa resto all’Arsenal, se perdo mi ritiro”.
[**Video_box_2**]Circo iberico. Sarà il troppo brandy, la pioggia o il malumore del mio setter nell’ultimo periodo, ma devo confessare che quest’anno mi sto divertendo a seguire la Liga spagnola. Per una volta da qualche anno a questa parte non è stato il solito “maschi contro femmine”, in cui una squadra batte tutte le altre giocando bendata, e nemmeno la copia sbiadita della Scottish Premier League, con due squadre che se la giocano alla morte e nel frattempo battono 8-0 tutte le altre. Sì, quest’anno la Liga mi ha appassionato, lasciato col fiato sospeso. Anche io attendo trepidante l’ultima sfida al Camp Nou tra Barcellona e Atlético Madrid per vedere chi sarà campione di Spagna. E’ la stessa sensazione che ho quando vado al circo a vedere i numeri di equilibrismo di trapezisti, elefanti e pagliacci: non si può non essere tesi vedendo certe emozionanti esibizioni. Altro discorso la finale di Champions League, con due finaliste spagnole che se la giocano in Portogallo: un incubo. Spero che una tempesta elettromagnetica sulla Manica isoli l’Europa durante la finale, e che i segnali satellitari non arrivino da queste parti. Non voglio essere costretto a vedere tutto questo. Non ho abbastanza brandy.
Falsi miti. Speziale libero. Speziale innocente. Diffidati con noi. Ultras napoletani liberi. Queste e molte altre scritte sono comparse in bella evidenza nelle curve del campionato che per gli italiani propalatori della cultura dell’ovvio e del trito è la quintessenza della correttezza, del divertimento, degli stadi per le famiglie e del volemose bene, la Bundesliga. Ah, in Germania certe cose non succedono. Gli imbecilli mica li fanno entrare allo stadio. Figurarsi in Inghilterra, lì sì che han fatto la lotta agli hooligans seriamente. Si potrebbe andare avanti per ore con le frasi fatte intorno alla presunta superiorità della cultura calcistica che regna fuori dai confini italiani. Quelle scritte fra i tifosi del Borussia Dortmund – gemellati con il Napoli – ma anche nella fossa del Bayern e dell’Hertha Berlino, ricordano invece che gli ultras condividono un codice di condotta transnazionale, che se ne impipano delle rappresentazioni zuccherose di opinionisti che chissà perché godono nel rimarcare quant’è corretta e pulita la Bundesliga e quanto è infetto il campionato italiano. Poi spuntano quegli striscioni su Speziale e d’improvviso tutta Europa è paese, gli imbecilli sono sparsi ovunque, anche se poi in Germania mica la fanno, loro no di certo, la trattativa stadio-mafia. Basteranno poche settimane di posa indignata per archiviare un episodio che non conferma le solite tesi che puzzano di codice etico, e ritornare alla fasulla rappresentazione manichea di “noi cattivi, loro buoni”. E l’universo ultras continuerà a rimanere un fenomeno inaccessibile per gli stucchevoli commentatori italiani.
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Guarda Milano. Capisco l’affezione, la storia, l’attaccamento alla maglia, ma volendo essere un filo più cinici l’Inter si è appena liberata di una composita zavorra argentina, fatta di gente che rivendica territori di Sua Maestà e inevitabilmente tifa squadre di calcio con nomi inglesi, tanto per ricordare chi ha inventato cosa. La festa di addio di Zanetti, e subito alle spalle di Samuel e Milito, è stata però un po’ amara: tante parole di circostanza, molto amarcord, niente curva dentro lo stadio. Paradossalmente la partita è stata molto meglio della celebrazione. E dire che pensavo che l’unica sbavatura del capitano dell’Inter sarebbe stata la scelta del suo biografo ufficiale. Ad ogni modo, l’addio a Zanetti riflette l’umore interista in generale, squadra figlia di un presidente costantemente tormentato dal jetlag e di un allenatore che ha la faccia del carcerato che s’ingegna per organizzare la fuga. Più triste di questo c’è solo l’altra sponda di Milano, appesa ai labiali di Galliani sulla condizione psichica di Seedorf e alle sparate di Berlusconi sui senatori di Cesano Boscone che potrebbero con più profitto prendere le redini dello sbandato spogliatoio milanista. Milano è amara, di questi tempi.
Cheers. La Premier, stella polare del calcio mondiale, è finita, e ligio alla sua vocazione That Win the Best non aspetta la fine di campionati minori ancora in corso ma da oggi va in ritiro a preparare i Mondiali bevendo alcol come se fosse Gatorade. Se gli eventi calcistici delle prossime settimane lo meriteranno ci tornerò sopra, anche se la sola cosa interessante all’orizzonte è, come detto, una finale di Champions con due squadre spagnole, che è la cosa peggiore accaduta da quando in finale c’erano due tedesche, lo scorso anno. L’anno prossimo che facciamo, il derby di Francia? A tutto c’è un limite, direi, ma si diceva così anche di Blatter decenni fa, e invece è ancora lì a organizzare mondiali in posti assurdi del globo con i suoi ottuagenari compagni d’avventure. Alla prossima stagione, dunque. Cheers.


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