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Storia della mia conversione
No, non mi sono convertito nel senso convenzionale del termine, quando a New York lessi per la prima volta il testo di questo discorso immenso, sommo, che pubblicammo nel Foglio integrale, seduta stante. Non ho sentito quella fitta improvvisa che squarcia l’anima sonnolenta, come voleva Gregorio Magno. Però ho capito che Ratzinger è davvero, come teologo e papa, capace di un concettualismo stilnovista fatto di intelletto e amore, un concettualismo che arriva perfino al mio cuore, duro e come rattrappito nella sua educazione agnostica.
Leggi il discorso di Benedetto XVI al Collegio dei Bernardini a Parigi - Leggi il commento del cardinal Camillo Ruini
No, non mi sono convertito nel senso convenzionale del termine, quando a New York lessi per la prima volta il testo di questo discorso immenso, sommo, che pubblicammo nel Foglio integrale, seduta stante. Non ho sentito quella fitta improvvisa che squarcia l’anima sonnolenta, come voleva Gregorio Magno. Però ho capito che Ratzinger è davvero, come teologo e papa, capace di un concettualismo stilnovista fatto di intelletto e amore, un concettualismo che arriva perfino al mio cuore, duro e come rattrappito nella sua educazione agnostica. Dopo avermi attirato con la sensualità elegante delle sue riflessioni sui Salmi e sul canto e sulla liturgia, la musica propria della vera chiesa, e ha da essere bella musica per non cadere nella “zona della dissimilitudine” da Dio e dall’uomo stesso, Benedetto mi conquistò per sempre all’amore per la chiesa, che è una forma mediata e ragionevole dell’incontro con Gesù Cristo per chi non veda la resurrezione se non con gli occhi dell’arte e di Piero della Francesca. Disse: Dio parla a noi solo attraverso gli uomini, mediante le loro parole e la loro storia. Capite? La scrittura o le scritture, poi l’allegoria interpretativa, poi la necessità del “movimento interiore dell’insieme” che riduce l’arbitrio soggettivista e il fondamentalismo. Guardate bene, leggete e rileggete, prendete appunti, sostate che ne vale la pena. E’ un discorso moderno sull’universalità analogica della ragione creatrice e di Dio, anche qui si parla di interiorità e di comunicazione verso l’esterno, ma non è lo sfondo mistico e non razionalizzabile dell’Evangelii gaudium, non sono cose che si risolvano pastoralmente, equivoco del Concilio e dell’estrema propaggine postconciliare di papa Francesco, non bastano il “buon pranzo” e la “buona sera” e nemmeno una ordinata e sentita teologia biblica all’impronta, esercizio spirituale di grande misura gesuita: serve la teologia per capire san Paolo all’Areopago, quando spiega che non annuncia, secondo le accuse, una verità straniera, ma solo qualcosa di creduto ma non conosciuto, un Ignoto-Conosciuto, paradossalmente un Unknown Known, come recita il titolo del film sulla politica occidentale di un Rumsfeld e sui suoi calembour. Dio parla a noi solo attraverso uomini, scrittori di parole e di storia: ma bisogna veramente spiegare che un simile papato è la chiave di volta per una responsabile laicità, per un’attitudine razionale alla devozione verso la fede, sia pure la fede degli altri? Non è evidente che Ratzinger è moderno, che ha semplicemente una carnale ragione?
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