That win the best
Eugenio, do you can?
Io non lo so se Dio sia cattolico oppure no, so però che Eugenio Scalfari ha bisogno di una lezione d'inglese almeno quanto Repubblica ha bisogno di un editor per le sue omelie domenicali. Rendere l'obamiano “Yes we can” in forma interrogativa con “Do you can?” è un affronto inaccettabile e uno strafalcione da annotare a lettere di fuoco sugli almanacchi del provincialismo. Gli errori capitano, e ci mancherebbe, ma “Do you can?” è anche oltre il ragionier Fantozzi e i suoi “difetti di pronunzia insidiosi in scozzese”, forse persino più esilarante di quella indimenticabile volta in cui Roberto Saviano tradusse “Pussy Riot” con “gattine in rivolta”.
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Dover. Mentre in Italia ci si emoziona perché la Roma è a -11 dalla Juventus a sette giornate dalla fine, in Premier League si registra – già da qualche settimana – una risurrezione degna di un film di Romero. Il Liverpool di Luis “denti in fuorigioco” Suárez è primo in classifica dopo che non più di un mese fa sembrava ufficialmente relegato al solito campionato da comprimario come nelle ultime stagioni. Persino qui si erano dati i Reds per spacciati, forse perché offuscati da pregiudizio positivo per quella vecchia volpe di Mourinho o da pregiudizio negativo nei confronti di quel vecchio addentatore di Suárez, appunto. Il quale Suárez invece non ha morsicato né insultato (ancora) nessun avversario, ma continua imperterrito a segnare contro chiunque. Certo, al Manchester City mancano due partite, e potenzialmente potrebbe superare il Liverpool, ma insomma alla fine, come da qualche anno a questa parte, in Premier League si combatte fino alla fine. Mai come quest'anno, dove persino l'Arsenal continua a cullare l'illusorio sogno di potercela ancora fare. Meglio puntare sulla FA Cup. Anche se non vincerla, visto il livello delle avversarie ancora in corsa, potrebbe voler dire realizzare il sogno di molti tifosi dei Gunners: Wenger esiliato in Francia a mangiare aglio e lumache e un nuovo manager in panchina. A proposito di risurrezioni, il Manchester United si presenta con una vittoria in saccoccia alla sfida complicata di stasera in Champions contro i mangia würstel del Bayern Monaco, anche se lo stato psicofisico della banda di Moyes lo ha evidenziato il derby di martedì scorso: 3-0 per i Citizens all'Old Trafford e tanti saluti alla supremazia cittadina. In Fulham-Everton, infine, dopo una decisione sbagliata del guardalinee si è visto uno spettatore alzarsi e urlare cose poco carine agitando un bastone bianco per ciechi. Se fossimo stati in Italia avrei pensato al solito falso invalido. Siamo in Inghilterra, è chiaramente un miracolo della Premier League.
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Campionati a contratto - Quando mi hanno detto che il Bayern Monaco ha vinto la Bundesliga a marzo ho subito fatto al mio interlocutore l'unica domanda sensata: “E di quale anno, di grazia?”. Si sa, i campionati tedeschi sono faccende perfettamente programmate e pianificate, come gli stadi di proprietà sempre pieni di famiglie, il modello di business virtuoso, i diritti televisivi che fruttano, il settore giovanile in crescita e l'austerità che è obbligatoria ovunque tranne a Berlino. Ho sempre l'illegittimo sospetto che anche la vittoria del campionato sia oggetto di contrattazione fra le pochissime pretendenti, un buon modo per spartirsi l'insipido pretzel della vittoria nazionale e gettarsi così sul succulento stinco della Champions.
Amo i raccattapalle. Forse il migliore di tutti è quello dell'Atletico Madrid che qualche settimana fa ha scherzato Cristiano Ronaldo durante il derby, facendolo avvicinare per consegnargli il pallone e poi gettandoglielo lontano. Niente male anche il ragazzino che ha ritardato il gioco durante Crystal Palace-Chelsea (vinto dalla squadra di casa grazie a un'autorete di Terry), e cazziato da Mourinho in diretta. Una delle poche cose che il calcisticamente corretto non è ancora riuscito a intaccare è proprio questa figura romantica del raccattapalle: ragazzi delle giovanili della formazione di casa che devono recuperare e restituire il pallone ai grandi. Col passare dei minuti questi giocatori in miniatura cambiano a seconda del risultato. Se la loro squadra sta vincendo diventano improvvisamente sfuggenti, distratti, guardano sempre dall'altra parte quando il portiere avversario cerca il pallone, scompaiono da bordo campo, sono sistematicamente senza palla tra le mani, si nascondono dietro i cartelloni pubblicitari o si mettono d'accordo tra loro e lanciano sempre due palloni in campo in contemporanea. Poche lamentele, signori: fanno parte del gioco, e sono così poco blatteriani che vorrei abbracciarli tutti.
Dorien Rose, fidanzata di Ibrahim Afellay, ama cercare conchiglie in spiaggia per collezionarle
Bere meglio. Avere qualcosa di originale da dire sul calcio è impresa ardua, lo sappiamo bene anche da queste parti. Ma c'è un limite a tutto. Passare sei mesi a farsela sotto dall'emozione per ogni vittoria – anche stiracchiata e mal giocata – della Juventus per poi cambiare di colpo opinione dopo la seconda sconfitta negli ultimi undici anni rasenta il ridicolo. Prima di domenica sera il Napoli di Benítez era – secondo quel che leggevo sui giornali italiani – bollito, incapace di continuità e persino peggiore di quello di Mazzarri. La Juventus, al contrario, era bellissima, perfetta, imprendibile, inarrestabile. Capita la partita storta dei bianconeri (e quella azzeccata degli azzurri) e di colpo la squadra di Conte è senza fiato, senza idee, in difficoltà e bollita. Il Napoli invece è straripante, immarcescibile, strepitoso, bellissimo e concreto. Va bene che il calcio è uno sport che riserva spesso sorprese, ma chi lo commenta dovrebbe forse bere di meno. O meglio.
Dorien Rose si accende una sigaretta. Poi si accorge di essersi dimenticata di indossare le mutandine
Grandi Bolliti. E' sempre molto istruttivo notare il comportamento dei Grandi Bolliti del calcio italiano quando imbroccano qualche partita di fila. Subito diventano merce per il calcio russo, cinese, prede di sceicchi e oligarchi, oggetto di attenzioni nordamericane calcisticamente irrilevanti ma con altre gratificazioni. Il caso di Kaká porta la faccenda a un livello ulteriore, perché il Grande Bollito è dovuto ritornare a giocare nel campionato italiano per potersi agghindare a specchietto per una certa allodola brasiliana amica sua che per motivi ignoti ai più è proprietaria della squadra di calcio di Orlando, in Florida. Kaká vuole la Champions, dice, e chi mai gliela potrà dare? Non certo il Milan di quest'anno. Ma non mi pare di vedere in giro per l'Europa risse fra club per strappare il brasiliano ai rossoneri. In mancanza d'altro, meglio garantirsi un posto al sole in un campionato inqualificabile e ammettere implicitamente che la storia della Champions era una boiata a cui non credeva nessuno, e il ritorno in Italia era tutto sommato un'operazione per allungarsi la carriera aprendo meno nobili segmenti di mercato. Sono soltanto voci, certo, ma con quella sua faccia da Ringo Boys ce lo vedo benissimo fra gli Studios e Disney World.
Guardate le cheerleader del Crystal Palace, e poi chiedetevi perché Terry ha fatto autogol
Gesù sapeva l'inglese? Io non lo so se Dio sia cattolico oppure no, so però che Eugenio Scalfari ha bisogno di una lezione d'inglese almeno quanto Repubblica ha bisogno di un editor per le sue omelie domenicali. Rendere l'obamiano “Yes we can” in forma interrogativa con “Do you can?” è un affronto inaccettabile e uno strafalcione da annotare a lettere di fuoco sugli almanacchi del provincialismo. Gli errori capitano, e ci mancherebbe, ma “Do you can?” è anche oltre il ragionier Fantozzi e i suoi “difetti di pronunzia insidiosi in scozzese”, forse persino più esilarante di quella indimenticabile volta in cui Roberto Saviano tradusse “Pussy Riot” con “gattine in rivolta”. Gesù bastona che è un piacere, ricorda Scalfari passando senza soluzione di continuità da Obama a Renzi a certe sue conversazioni con il Papa, ma pure la grammatica inglese randella mica male. “Do you can?” è roba da scuse ufficiali a Buckingham Palace, e forse pure a Severgnini.
Leggi anche Bonan Rizzoli e i capelli di Sansone - Giuli Libera la Lazio - Crippa L'addio e il caschetto di Chivu - Pace Soldi, soldi, soldi - Pardo Impressioni di primavera, tempo di aperitivi - Quarantino Fox La somma inutilità del giudice di porta


Il Foglio sportivo - in corpore sano
Fare esercizio fisico va bene, ma non allenatevi troppo
