That win the best

Ospedale da campo di calcio

Jack O'Malley

Segnatevi questo titolo, che ieri rutilava sui vostri siti internet: “Cassano andrà ai Mondiali”. Non tanto perché la cosa avverrà o meno – non lo so e non mi interessa – ma perché vedrete che da qui a giugno la notizia verrà smentita e riconfermata almeno altre tre volte. Leggere il dibattito attorno alla Nazionale italiana in effetti mi fa lo stesso effetto di guardare una puntata della “Domenica Sportiva”: un tuffo nel passato. Quanti anni sono che il ct di turno si trova a dover decidere se convocare Cassano o no? E da quante edizioni dei Mondiali si discute di De Rossi, grande-talento-ma-che-non-sa-frenarsi-al-momento-giusto? Vogliamo parlare di Balotelli, grande-campione-ma-testa-calda? O di Buffon, dato per pensionato dai Mondiali in Sudafrica?

    Guida ad Atletico Madrid-Milan

    - La stagione dice Atletico, la storia dice Milan, il campo cosa dirà?
    - Una partita che vale una stagione
    - La prima di tante finali
    - Sarà fondamentale segnare nei primi minuti
    - Descrizione del Calderon domani sera: bolgia, polveriera, plaza de toros
    - Confrontato col Bernabeu che è come un teatro, con un pubblico esigente
    - Diego Costa fa reparto da solo
    - Diego Costa ha segnato il ritorno del centravanti fisico in Spagna
    - Il matador
    - E se finisse con la lotteria dei calci di rigore nel bollente Calderon?
    - Diego Costa fa lavoro di rientro e sponda
    - “Boa” si usa ancora?
    - Diego Costa erede di Morientes (prematuro)
    - Tifosi colchoneros in delirio
    - Simeone sarà una furia?

    Grazie a @lebenevole, @lusi_oficial, @moniar81, @edocozza, @JulianRossMag, @markovic23, @Dan_Maze, @GegenLB, @LdBorghetti

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    Londra. Il terreno di Bramall Lane non è curato come quello dell’Emirates Stadium. Quando piove troppo l’erba si fa rada, le zolle si staccano enormi dal terreno e le fasce laterali si colorano di fango. Sugli spalti di Bramall Lane ci stanno poco più della metà dei tifosi che possono occupare le comode poltrone dell’Emirates. Tra le file dello Sheffield United ci sono giocatori che prima di domenica non avevano mai giocato davanti a 30.000 persone. Figuriamoci a Wembley. Tra un mese, infatti, lo Sheffield United (terza divisione inglese) affronterà l’Hull City (Premier League) nella semifinale della coppa nazionale più bella, antica e folle del mondo, la FA Cup. L’altra sfida sarà tra l’Arsenal e il Wigan, che gioca in Championship (seconda divisione) ma è la squadra detentrice del titolo. Se il calcio fosse prevedibile come un editoriale di Tuttosport quando gioca la Juventus, per i Gunners non dovrebbe essere troppo complicato arrivare in finale e vincere finalmente qualcosa. Invece nulla è scontato, per dirla in modo originale, e così dalle parti dell’Emirates in questi giorni si vive un’euforia dai tratti ambivalenti: da una parte si gode per la coppa lì a un passo, dall’altra si trema pensando che se non si vince è la volta buona che Wenger si ritira per darsi alla pesca sugli affluenti della Senna. Il manager dello Sheffield, Nigel Clough, ha la possibilità di vincere l’unico trofeo sfuggito al leggendario padre Brian. Molto probabilmente non ce la farà, dato che il calcio è innanzitutto realista, prima che poetico. Ma vedere quei ragazzi sfiorare il prato perfetto di Wembley tra un mese, e tutti quei tifosi partire dalla città dove il calcio come lo conosciamo è nato, entrare silenziosamente ubriachi sugli spalti dello Stadio sarà – come si dice? – bellissimo lo stesso.

    Zaira Nara ha imparato dal suo fidanzato, il bomber Diego Forlán, a guardarsi le spalle durante le azioni d’attacco

     

     

     

    Metti a Cassano. Segnatevi questo titolo, che ieri rutilava sui vostri siti internet: “Cassano andrà ai Mondiali”. Non tanto perché la cosa avverrà o meno – non lo so e non mi interessa – ma perché vedrete che da qui a giugno la notizia verrà smentita e riconfermata almeno altre tre volte. Leggere il dibattito attorno alla Nazionale italiana in effetti mi fa lo stesso effetto di guardare una puntata della “Domenica Sportiva”: un tuffo nel passato. Quanti anni sono che il ct di turno si trova a dover decidere se convocare Cassano o no? E da quante edizioni dei Mondiali si discute di De Rossi, grande-talento-ma-che-non-sa-frenarsi-al-momento-giusto? Vogliamo parlare di Balotelli, grande-campione-ma-testa-calda? O di Buffon, dato per pensionato dai Mondiali in Sudafrica? Il fatto che il discorso legato alla Nazionale sia fermo a quattro anni fa non depone a favore del calcio italiano (nel frattempo è successo qualcosa, a parte le sberle in Champions ed Europa League prese un po’ da tutti?). Prandelli questo lo sapeva, ecco perché ha pensato bene di inventarsi quella boiata pazzesca del codice etico, ovviamente da applicare a piacere, il quale ha portato talmente tanti frutti che quelli che davano cazzotti a palla lontana prima continuano a darne, possibilmente più forti.

     

    Il titolista. Eto’o il Vecchio s’è appoggiato alla bandierina tenendosi la schiena con le mani come fosse stato beccato da un attacco reumatico, e l’esultanza è la meravigliosa conclusione di quella che in Italia sarebbe una polemica lacerante con tanto di interrogazione parlamentare ad hoc e bolsi titoli di giornale (“E’ polemica”), in Inghilterra è un’allegra celia. E il primo a goderne è chiaramente José Mourinho, che dice che sapeva tutto, sarebbe stato bonariamente sfottuto per le sue dichiarazioni imprudenti su Eto’o il Vecchio, e mentre rigira la frittata con maestria sogghigna lasciando intendere di avere architettato il caso dall’inizio. Il punto, in fondo, è che Eto’o potrebbe avere 64 anni e 19 nipotini finché il Chelsea passeggia con gli scarponi chiodati sul Tottenham, questa è l’essenza del codice etico di Mourinho. Il meglio, come spesso capita, lo ha dato però Repubblica.it, capace di dedicare una fotogallery all’esultanza del Matusalemme con un titolo inarrivabile: “Eto’o: 300 gol in carriera, si fa male e si appoggia alla bandierina”.

    Evangelina Anderson, fidanzata di Martín Demichelis, è un po' stanca

     

     

     

    Il problema di girarsi. Domenica volevo seguire le partite del campionato italiano in sottofondo e qualcuno, che chiaramente stava attentando alla mia vita, mi ha suggerito di scaricare la app di Radio Rai e ascoltare “Tutto il calcio minuto per minuto”. Dopo l’introduzione, ho fatto presente al mio suggeritore che non volevo un podcast con le trasmissioni d’epoca, ma una telecronaca della giornata in corso, possibilmente in diretta. Sentendo le formazioni ho capito che effettivamente i telecronisti erano miei contemporanei, e ho provato sensazioni di spaesamento e disturbi della personalità di varia natura quando ho sentito di traversoni e spizzate, di falli da tergo e “ha il problema di girarsi”. Ho riequilibrato gli scompensi con bevande alcoliche varie, riuscendo a sostenere gli stadi come bolge, le partite che sono tutte delle finali per la tal squadra, la massima punizione. Non è bastato però per reggere l’antica ed esotica pratica dell’esplicitazione dei nomi brasiliani, e quando dalle casse dell’iPad ho sentito le parole “Rafael de Andrade Bittencourt Pinheiro in arte Rafael” ho interrotto tutto. E ho cancellato l’app.

     

    Juan Román Riquelme si allena anche in campagna a tirare punizioni. In barriera ci va la fidanzata Yesica Toscanini, che prova a distrarlo

     

     

     

     

    Torneo da ospedale da campo. Quando uno scarto della serie A, con la maglia della penultima in classifica e il cognome da italiano medio, basta a battere il Barcellona di Messi, Neymar, dell’Unicef e della cantera mi sento ancora una volta confortato nelle mie convinzioni circa la qualità della Liga e sull’ossatura calcistica dei giocolieri in crisi d’astinenza da dimenidrinato. Non è il Valladolid a essere particolarmente coriaceo, come si diceva ai tempi del telecronista collettivo, è il Barcellona che è floscio come un fiore raccolto due settimane fa. Non che questo compensi le presenti manchevolezza della Premier, ma il torneo iberico è roba da oratorio, anzi da ospedale da campo.