Dispacci dal lupanare

Jack O'Malley

Mentre in Italia da due giorni vi appassionate per un rigore non dato in un derby più noioso di un discorso di Matteo Renzi al Senato, in Inghilterra si giocano belle partite, si segnano tanti gol e quattro squadre in quattro punti si contendono la vittoria finale. Arsenal e City hanno reagito bene alle sberle prese in Champions League (ci torniamo dopo): il 4-1 dei Gunners al Sunderland non ammette repliche, direbbe l’inviato di “Novantesimo minuto”, e l’1-0 dei Citizens allo Stoke è un modo per ricordare ai cugini Red Devils che certe cadute ormai capitano solo a loro.

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    Autentiche volgarità - Egr. direttore Giuliano Ferrara, ho letto oggi (18 febbraio) con interesse il servizio di Giulio Meotti su “Le natiche dei lumi” e la vostra precisa presa di posizione contro certe… pazzie pedagogiche che taluni vorrebbero introdurre in Francia nelle scuole elementari. Ho letto poi anche (a pag. III) il testo da voi riportato della ottima “lectio magistralis” svolta dal card. Gerhard Ludwig Müller presso la Facoltà teologica di Milano (riportata anche da Avvenire, ma in modo molto meno completo). Le chiederei, quando riporta testi di tale rilievo, di non mettere, nel verso di tali pagine, dei servizi come quello che figura (purtroppo) a pag. IV, contenente delle autentiche volgarità e riproduzioni da… lupanare, che mettono letteralmente in fastidio chi vuole conservare la pagina della relazione di Müller e magari passarla a qualche amico per una utile… lettura. Non mi sembra di chiedere troppo! Distinti saluti.    
    Angelo Marchesi, Bergamo

     

    Swansea. Mentre in Italia da due giorni vi appassionate per un rigore non dato in un derby più noioso di un discorso di Matteo Renzi al Senato, in Inghilterra si giocano belle partite, si segnano tanti gol e quattro squadre in quattro punti si contendono la vittoria finale. Arsenal e City hanno reagito bene alle sberle prese in Champions League (ci torniamo dopo): il 4-1 dei Gunners al Sunderland non ammette repliche, direbbe l’inviato di “Novantesimo minuto”, e l’1-0 dei Citizens allo Stoke è un modo per ricordare ai cugini Red Devils che certe cadute ormai capitano solo a loro. A proposito, lo United finalmente non ha perso contro una delle squadre in lotta per non retrocedere, e Rooney ha festeggiato con un gol il rinnovo del contratto: 19 milioni di euro a stagione per giocare in una squadra di metà classifica fanno venire voglia di sopportare persino David Moyes in panchina. Mi compiaccio intanto che finalmente in Italia abbiate scoperto l’esistenza del Football Club United of Manchester, raccontato domenica in troppe poche righe e con penna frettolosa da Francesco Guerrera nell’unico inserto culturale più bollito della Lettura, R2 (il pezzo è chiaramente stato scritto un mese fa, ma a quanto pare non sei degno di pubblicazione su R2 se il tuo articolo non puzza di cadavere). Fuggiti qualche anno fa dallo United, i tifosi del FCUM hanno fondato una nuova società calcistica semi dilettante dove il socialismo reale vince persino sulla retorica del calcio tè e biscotti (l’analogo inglese del vostro calcio pane e salame): nessuno sponsor, giocatori pagati poco, prezzi dei biglietti bassissimi e tanta tanta tanta passione.

     

    Guerrera si è dimenticato di citare una delle chicche più belle ideate dai tifosi del piccolo club di Manchester, e cioè il programma televisivo “Bring your own ball”, durante il quale il simpatico conduttore inscena gag clamorose con ospiti sconosciuti nel salotto di casa, senza microfoni e con rumori di fondo che non si sentivano dai tempi delle tv private degli anni Ottanta (colpi di tosse del cameraman, risate fuori campo, porte che sbattono nella stanza accanto…). Vien voglia di abbracciarli tutti, questi fan coraggiosi che hanno lasciato il calcio moderno per rifugiarsi in un feticcio tanto utopico quanto umano: non ci fate stare in piedi allo stadio, cantare cori volgari e ruttare birra? Ci impedite di vedere le partite perché ci costringete a spendere mezzo stipendio (quando c’è) per un match contro il Crystal Palace? E noi andiamo in periferia a gioire per le gesta dei nostri brocchi tarchiatelli su campi comunque migliori di quelli che si vedono in serie A. Poi, ovviamente, un occhio alla Premier lo si butta sempre. Certi vizi sono duri a morire.

     

    Lukaku sotto. Lasciatemi dire che l’umana ribellione per i troppi soldi spesi dalle società si capisce. Prendete il Chelsea: Mourinho non nasconde di desiderare Falcao per il suo attacco, ormai più abulico di quello del Bologna. Il bomber unto del Monaco costa un bel po’, per cui Mou fa leva sull’ego del calciatore (secondo solo a quello del giornalista): “Non ha una squadra attorno”, dice sornione, e fa venire voglia al portoghese di lasciare la Costa azzurra per Londra. Tattica simile a quella usata a suo tempo con Rooney, senza successo però. Vedremo, certo è che dalla sfida tra Blues e Everton di sabato (1-0, Terry al 93’) è emerso con chiarezza che Lukaku (noto per essersi lamentato della lentezza del suo personaggio nel videogioco Fifa 2014) serve a entrambe le squadre quasi quanto un ghostwriter a Matteo Renzi: il sosia di Drogba che sta facendo le fortune dei Toffees è di proprietà del Chelsea. Peccato che qualche settimana fa si sia infortunato.

     

    Fatevi i tweet vostri. Non avendo ormai quasi nulla da fare al martedì e al mercoledì, una brigata di tifosi buontemponi si diverte a interrompere le mie serate di Champions League (accompagnate dal fedele brandy, che non è il nome del mio cane) con tweet sulle magre prestazioni delle squadre inglesi. Intermezzi divertenti quanto una incontro politico con Beppe Grillo in streaming, ma in questo viluppo d’invidia e risentimento qualcosa di vero c’è, e mi tocca riconoscerlo con britannica onestà. Fossi italiano direi che la sconfitta del Manchester City in casa con il Barcellona è tutta colpa dell’arbitro, che nel giro di dieci secondi non ha fischiato un fallo per i Citizen, ha dato un rigore al Barcellona e ha espulso De Michelis. Fossi Mourinho direi che questo è il Barcellona più scarso degli ultimi anni. Fossi Aldo Serena scriverei una poesia crepuscolare sull’andamento dei club britannici in Europa. Essendo però ciò che sono non posso non registrare che l’Europa, intesa come unione politica e calcistica, è chiaramente il male assoluto, e l’hanno capito persino gli americani, che dicono “fuck the Eu”. Pure l’Arsenal è stato umiliato dal solito Bayern, squadra che riesce chissà come ad assommare l’arroganza tedesca, la strafottenza spagnola e gli esterofili luoghi comuni di cui gli italiani sono innamorati (ogni anno spunta sui giornali di casa vostra, presenti esclusi, la storia su quant’è bella la Bundesliga, gli spalti pieni, le famiglie, la festa popolare ecc.). In particolare sono dispiaciuto per un illustre tifoso dell’Arsenal, Piers Morgan, cacciato dalla Cnn per non avere fatto abbastanza ascolti con il suo programma americano e forse per non aver afferrato lo spirito del popolo dissidente. Caro Piers, non aver capito il mondo dove il baseball ha la dignità di uno sport e l’unica palla rotonda in circolazione se la passano con le mani è un vanto, non una debolezza. Torna a casa in fretta, abbiamo già messo su il tè, e pazienza se l’altra sera la difesa dei Gunners sembrava messa in campo da Mazzarri. Attenzione, infine, al Chelsea e al Dominatore Assoluto dell’Immaginario Calcistico. Domani Mourinho si gioca parecchie cose con il Galatasaray (fa capire che della Premier non gli frega molto, anzi nulla, e meriterebbe una tirata d’orecchi per la leggerezza con cui esprime il concetto) e là davanti a fare a sportellate anche con i fotografi ci sarà una nemesi con le treccine, Drogba, che un allenatore italiano definirebbe un giocatore che può cambiare una partita in ogni momento. E a completare la selva dei rimandi mourinhani c’è pure il fantasma di Wesley Sneijder, dolce ricordo dell’ultima Champions League vinta da Mourinho. E da una squadra italiana.

     

    Més que el fisco. Il Barcellona ha pagato 13 milioni e mezzo di euro “volontariamente” per appianare quella che certamente è una “differenza di interpretazione” fiscale sull’acquisto di Neymar. Del resto, a chi non è mai capitato di sbagliare l’interpretazione fiscale intorno al faraonico trasferimento di un attaccante? C’è gente che per un interpretazione fiscale non vede più la luce del sole, ma la squadra con sponsor davanti, dietro e pure sotto sa trasformare magistralmente gli atti dovuti in buone azioni. E’ stata solo una differenza di interpretazione, non siamo d’accordo con le vostre richieste ma intanto cacciamo milioni sonanti perché siamo sotto attacco e ve lo facciamo vedere noi cosa significa la superiorità antropologica. Così, tanto per ricordare a noi inventori del calcio cosa significa essere més que un club. Non mi resta che pregare ardentemente per una gloriosa vendetta nella partita di ritorno.