Renzi post democratico

Giuliano Ferrara

Un amico fraterno mi scrive: guarda che stai con generosità prendendo una cappella con Renzi, che è un fenomeno integralmente post democratico. Gli rispondo così, anche a beneficio dei nostri quindici lettori. Dal 1993-1994, quindi da vent’anni buoni, ho smesso di credere nelle virtù della democrazia italiana. C’era una democrazia dei partiti, piuttosto corrotta come tutte le democrazie liberali specie in area latina e cattolica, ed è stata divorata e risputata con violenza da un fenomeno reazionario di massa guidato da magistrati codini, imprenditori-editori pavidi e giornalisti imbroglioni.

    Un amico fraterno mi scrive: guarda che stai con generosità prendendo una cappella con Renzi, che è un fenomeno integralmente post democratico. Gli rispondo così, anche a beneficio dei nostri quindici lettori. Dal 1993-1994, quindi da vent’anni buoni, ho smesso di credere nelle virtù della democrazia italiana. C’era una democrazia dei partiti, piuttosto corrotta come tutte le democrazie liberali specie in area latina e cattolica, ed è stata divorata e risputata con violenza da un fenomeno reazionario di massa guidato da magistrati codini, imprenditori-editori pavidi e giornalisti imbroglioni. Da quell’epoca credere nella democrazia liberale italiana è diventato impossibile. E lo sarà finché non venga restaurato un sistema costituzionale fondato sul primato della politica e dei partiti politici, scarnificati dell’osso ideologico che era già consumato e si è spezzato con la caduta del muro di Berlino. Si può credere nella democrazia americana, che ha la data delle elezioni biennali fissata nella Costituzione ed è figlia di un’esperienza religiosa e creaturale della politica. Si può credere in quella inglese, che è tradizione e giurisprudenza. In quella tedesca, che è rifondata dopo il Terzo Reich e la riunificazione su basi anticomuniste e socialmente luterane. In quella spagnola, che ha un sistema istituzionale inappuntabile, figlio del superamento senza rancore del franchismo. In quella francese, che è monarchica, un caso fantastico di democrazia rivoluzionaria e restauratrice. Ma in quella italiana no, questo no.

    L’Italia nel 1994 ha scelto un’altra strada. In primo luogo quella pop di Berlusconi, un gigante del populismo democratico, un uomo inventivo e politicamente mite, ma capace come pochi di far vivere un’idea minima di stato e un’idea massima di società libera, con tutti i suoi difetti e tutte le sue immense acquisizioni di riforma reale del comportamento delle élite e del popolo. Poi, abrogati con Prodi e D’Alema e Amato i conati di ritorno alla politica dei partiti (bisogna avere altre palle per riportare la Repubblica alla sua origine storica, posto che lo si possa fare), solo Renzi, e da poco, è emerso come continuatore della linea pop. E’ post democratico in un certo senso, forse sì, ma si è mosso a colpi di consenso richiesto e ricevuto, ha un suo giro di potere come tutti nella vita pubblica, ma niente di che rispetto a quello immobile, basico, parecchio vecchiotto, che domina tutti gli altri giochi. Ho detto e confermo che Renzi sarà come sempre chi ha successo nella politica un’illusione capace di generare delusione. Ma bisogna aspettare. Aspettare e sperare che almeno in parte si svolgano le conseguenze di una rottura che almeno è giustificata dall’età: non abbiamo combinato gran che, tocca a quelli che hanno venti o trent’anni meno di noi.

    • Giuliano Ferrara Fondatore
    • "Ferrara, Giuliano. Nato a Roma il 7 gennaio del ’52 da genitori iscritti al partito comunista dal ’42, partigiani combattenti senza orgogli luciferini né retoriche combattentistiche. Famiglia di tradizioni liberali per parte di padre, il nonno Mario era un noto avvocato e pubblicista (editorialista del Mondo di Mario Pannunzio e del Corriere della Sera) che difese gli antifascisti davanti al Tribunale Speciale per la sicurezza dello Stato.