That win the best

Il bolso della situazione

Jack O'Malley

Più di mezzo milione di inglesi è andato allo stadio in questo freddo weekend di gennaio per guardare non le partite di Premier League, ma della FA Cup, l’analogo della vostra Coppa Italia (la Regina mi perdoni per questa bestemmia). Da Manchester a Derby, i tornelli hanno girato 548.907 volte (quasi quanto le palle di Fassina). Non erano i quarti di finale, ma un terzo turno con in campo ancora un sacco di squadre delle serie minori.

Ultimo stadio di Alessandro Giuli - Onda su Honda di Lanfranco Pace - Jungleland di Pierluigi Pardo - Arbitro cornuto di Quarantino Fox - Zeru tituli di Maurizio Crippa

    Sheffield. Più di mezzo milione di inglesi è andato allo stadio in questo freddo weekend di gennaio per guardare non le partite di Premier League, ma della FA Cup, l’analogo della vostra Coppa Italia (la Regina mi perdoni per questa bestemmia). Da Manchester a Derby, i tornelli hanno girato 548.907 volte (quasi quanto le palle di Fassina). Non erano i quarti di finale, ma un terzo turno con in campo ancora un sacco di squadre delle serie minori. In Italia avremmo visto spalti deserti e riserve che non giocano dal 1988 schierate titolari, brutte partite e risultati scontati. Dove il calcio è una cosa seria in campo e non nei bar e sui giornali, succedono cose impensabili come la vittoria dello Sheffield United (Football League One, la terza divisione) a Birmingham, sul campo dell’Aston Villa (Premier League, metà classifica) per 2-1. Sarebbe facile per me crogliolarmi nella retorica nostalgica e raccontarvi che l’allenatore dello Sheffield, Nigel Clough, è figlio di Brian, manager che per il tifoso di calcio inglese ha la stessa stazza morale di Churchill. Clough padre prese il Derby County in seconda divisione e lo portò a vincere il campionato due anni dopo. Poi fece del Nottingham Forest una delle poche squadre al mondo a vincere due Coppe Campioni di fila. Nigel non farà nulla di tutto ciò, ma intanto l’impresa con l’Aston Villa lo butta in pieno nella lunga teoria di eroi che con piccole squadre hanno scritto la storia della FA Cup. Un momento simile a quello vissuto a Rochdale, dove la squadra locale (quarta divisione) ha sconfitto il titolato (anche se un po’ malandato) Leeds United per 2-0. Nel calcio c’è gloria per tutti, non solo per chi se la può comprare.

    Ashley Cole (Chelsea) non riesce a stare senza pallone. Qui a fianco la sua nuova fidanzata.

     

    Ultimo stadio di Alessandro Giuli - Onda su Honda di Lanfranco Pace - Jungleland di Pierluigi Pardo - Arbitro cornuto di Quarantino Fox - Zeru tituli di Maurizio Crippa

    Piuttosto non vorrei essere David Moyes in queste ore. In verità non vorrei essere David Moyes mai. Lo sfacelo a cui sta conducendo il Manchester United è a tratti imbarazzante. La sconfitta interna con lo Swansea inappellabile. Vero, il materiale che ha a disposizione è quello che è, ma i cigni gallesi domenica sembravano falchi, e i diavoli rossi un gruppo di quaglie. Il vecchio spirito dello United di Alex Ferguson sembra aver fatto la stessa fine della piattaforma computazionale di Social Analytics Tycho Bigdata voluta da quella vecchia volpe di Gianni Riotta: scomparsi entrambi. E poiché il calcio è ironico, sabato prossimo a Old Trafford lo United rigioca contro lo Swansea. Un’altra sconfitta e difficilmente i tifosi dei Red Devils continueranno ad applaudire con convinzione Moyes al suo ingresso in campo.

    Uno degli spettacoli migliori si è visto a Londra, dove nel derby più sentito l’Arsenal ha battuto il Tottenham 2-0 in una partita giocata a una velocità che in Italia vi sognate persino a ottobre. Prima della gara i tifosi degli Spurs hanno profanato la statua di Henry fuori dall’Emirates facendole indossare una maglia del Tottenham. Pronta risposta di Walcott dei Gunners, uscito in barella a fine partita: passando sotto il settore ospiti si è messo a sedere sulla portantina e con le mani ha ricordato ai tifosi avversari il risultato del match.

    E a proposito di Nottingham Forest (Championship, la seconda serie inglese), non si può non menzionare il 5-0 rifilato ai resti del West Ham (Premier League), sempre in FA Cup, domenica. Tremila tifosi degli Hammers sono tornati a casa quasi più tristi dei romanisti da Torino. Quasi. I londinesi almeno non l’avevano buttata in rissa verbale prima.

    Amaro e brandy. Per gustare l’amarezza del campionato italiano e fare un impietoso paragone con un turno qualsiasi di FA Cup basta considerare le notizie che hanno tenuto banco in questo rientro dalla pausa natalizia: due gol di un bollito brasiliano, il ritiro di Di Natale (credevo fosse successo due anni fa), le improbabili teorie del complotto di De Sanctis (credevo che la parola “sistema” fosse permessa soltanto nei film di Muccino con occupazioni in sacco a pelo), la maglia da titolare negata a Cassano, l’incontenibile Toni e i tatuaggi di Nainggolan, acquisto caldo dell’inverno, il che è tutto dire. C’è voluto parecchio brandy per riuscire a digerire questa fatale infilzata di notizie.

    La fede calcistica scalda. Persino quella per le squadre scozzesi.

     

     

    Invidia della penalizzazione. Devo ammetterlo: questa volta il record della cialtroneria intorno agli arbitri spetta a noi. Pensavo che la passione italiana per i complotti, le cupole e altre cose che finiscono in -opoli fosse insuperabile, finché ho sentito Mauricio Pochettino riproporre in chiave arbitrale la sciocchezza cristianoronaldita per cui i tifosi lo fischiano perché è troppo bello. L’arbitro non fischia falli a favore del Southampton perché i giocatori son tutti giovani e belli come in una canzone di Guccini, e per un qualche senso freudiano di invidia e colpa, la bellezza va espiata con giudizi ingiusti nell’area di rigore. Repubblica.it naturalmente ci fa una galleria fotografica con tutti i primi piani dei bei maledetti che bloccano i fischietti degli arbitri corredati da appelli a metà tra il discorso di fine anno di Napolitano e una protesta di Femen: “Non vogliamo subire pregiudizi a causa del nostro aspetto estetico, pretendiamo di essere arbitrati come tutte le altre squadre”. Poi i giornalisti di Largo Fochetti sono tornati a occuparsi di cose serie, tipo le tempeste di neve a New York e l’abolizione del peccato per decreto pontificio.

    Punto di bollitura. Credo che almeno una parte della colpa sia di Matteo Renzi e della sua retorica generazionale se ogni volta che Totti gioca bene si grida alla convocazione in Nazionale ad infinitum e ogni volta che gioca male si parla di ritiro immediato. E’ vecchio e bolso, dicono gli uni, è esperto e geniale, rispondono gli altri, e alla fine sembra che tutto sia un problema di anagrafe e rottamazione. Ma è così difficile convocare i giocatori che giocano bene e lasciare a casa quelli che giocano male, senza cavillosi controlli della carta d’identità all’ingresso né adolescenziali rivendicazioni del tipo ho-fatto-più-gol-che-cene-con-mia-moglie? Invece no, ci si ostina con la storia del “largo ai giovani” che è criterio ondivago e inaffidabile, chiamato in causa soltanto per giustificare l’impressione del momento. Totti praticamente contro la Juve non è sceso in campo, questo è chiaro, ma si può evitare che la cosa dia origine a pensosi giudizi sullo stato della classe dirigente mondiale?

    TAGLI DI LUCE POTENTI. I migliori tweet di Aldo Serena

    @tancredipalmeri @beINSPORTSUSA il bello è che a volte negli occhi degli altri si possono vedere i nostri desideri.Quindi si

    — Aldo Serena (@Aldito11) 6 Gennaio 2014