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Meglio il cazzeggio dei pischelli che il risaputo degli hommes d'Etat
Certo che fanno un po' ridere, una che scambia ministro o ministero e l'altro che lo bocciano all'abilitazione in piena lezione cattedratica all'Italia su come riformare l'economia e il lavoro, e anche il mentore di Madia e Taddei, il Renzi capotavola della segreteria che si riunisce in ore antelucane, non si toglie di dosso, nonostante la scaltrezza e le strategie di marketing e una autentica voglia di fare nuova politica, la sindrome che Salvatore Merlo chiama “dei calzoni corti”. Ma io insisto. Li ammiro, sebbene con il sorriso sulle labbra, perché sono la speranza di un mondo salvato dai ragazzini, e scusatemi se è poco.
Certo che fanno un po’ ridere, una che scambia ministro o ministero e l’altro che lo bocciano all’abilitazione in piena lezione cattedratica all’Italia su come riformare l’economia e il lavoro, e anche il mentore di Madia e Taddei, il Renzi capotavola della segreteria che si riunisce in ore antelucane, non si toglie di dosso, nonostante la scaltrezza e le strategie di marketing e una autentica voglia di fare nuova politica, la sindrome che Salvatore Merlo chiama “dei calzoni corti”. Ma io insisto. Li ammiro, sebbene con il sorriso sulle labbra, perché sono la speranza di un mondo salvato dai ragazzini, e scusatemi se è poco.
E per altre ragioni. Chi li ha preceduti mostra molto sussiego, baffo moscio, ma a parte i vecchissimi, alcuni dei quali meritano la patente di uomini di stato e i buoni lettori di buoni libri, diciamo la verità, non è che la classe dirigente rottamanda o rottamata abbia dimostrato chissà quale costanza, chissà quale intelligenza, chissà quale sofisticata capacità di aderire ai bisogni e anche ai meriti di una antica cultura come quella italiana ed europea. Suvvia, dimostrazioni del banale, del già visto, già sentito, già detto abbondano anche fra coloro che si considerano esperti di non si sa bene che cosa. Non sbaglieranno indirizzo di un ministero, come è successo alla ministra ombra del lavoro nel gabinetto acerbo di Matteo, qualche abilitazione in qualche modo se la sono procurata, i loro usi sono più affini al nostro comune cinismo, alla nostra idea ciclica di un universo della politica e della democrazia che si ripete attraverso tutte le rivoluzioni e conversioni, ma la sferza e il sarcasmo a nessuno è concessa, dico io, davanti a questi che strappano magari l’irrisione ma hanno strappato con i denti e con l’orologio biologico alla mano, gli uni e l’altro, il diritto a provarci.
Tutti i giorni sono tentato di ravvedermi da questa senile fiducia nella compagnia di giro dei pischelletti, cioè di dire e di scrivere che non ce la faranno, che Renzi manca del coraggio di affondare la lama del coltello nel corpo del rivale o del nemico, che i suoi ondeggiamenti raddoppiano quelli noti del berlusconismo come “metodo”, però senza il metodo diabolico e sfacciato del privatissimo uomo di stato che ci ha dominato per vent’anni, e che alla fine se lo avvolgeranno nelle spire del lungo cobra repubblicano, altro che la tela di ragno, se la sogna Matteo una comunissima tela di ragno.
Il film americano di svelto montaggio, al posto del lungometraggio iraniano di quelli dove si vede crescere l’erba, avrebbe richiesto già una posizione di vantaggio e di rottura per dire: cari Letta e Saccomanni, ma avete visto quel più quattro per cento del pil negli Stati Uniti, e qui stiamo ancora con le lodi della crescita zero e i brindisi all’Europa tedesca, dove mai credete di andare? Invece confida a Verderami del Corriere: non farmi dire niente della legge di stabilità. Roba da protorepubblica dei protopartiti. Così non vai lontano, egregio would be prime minister. La tentazione di intrattenere i lettori con la tiritera del nuovo capo come sempre mal consigliato, con la filastrocca del cogliere l’occasione o perire, bè, non sarebbe resistibile, in teoria, ma me lo vieto. Fino a che sarà possibile me lo vieterò. Per la semplice e beneaugurante ragione che, non dimentichiamolo mai, si parte da un fallimento, quello del circuito media giudici poteri neutri politica, un circuito restando all’interno del quale, con il tenore delle idee sempre più flosce e l’inaridimento dell’anagrafe, siamo riusciti nel capolavoro di restare a terzo millennio inoltrato con i problemi che avevamo all’inizio degli anni novanta del Novecento.
Desidero che faccia in fretta, la generazione di coloro che si candidano all’esperienza piena, senza riserve, liberata dalle nostre tutele, e nel frattempo si rivelano giustamente inesperti, ma questo è il loro tempo, e piuttosto che stare lì a scaldare sedie e a dire battute viete, a usare un linguaggio composto e inerte, meglio il loro cazzeggio, la loro voglia matta senza troppo costrutto. Buon Natale.


Il Foglio sportivo - in corpore sano
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