Coopetition, che sciocchezza

Giuliano Ferrara

Non c’è tempo e non c’è spazio per la coopetition, cooperation e competition in una sola parola, formula sciocchina coniata da un ideologo entusiasta del renzismo che si chiama Filippo Sensi (credo sia molto giovane e quindi ha ragione, ma io sono abbastanza vecchio per dargli torto). Anche le renzine mandate in televisione parlano come tante lettine, spiccicano banalità l’una sopra l’altra, non sembrano avvedersi di quel che è loro successo, del mandato a fare cose nuove senza lasciare cosa niuna intatta, secondo le parole primarie del secondo segretario fiorentino della nostra storia plurisecolare.

Merlo Così, tra Renzi e Letta, il triumviro Franceschini vive di vecchia rendita

    Non c’è tempo e non c’è spazio per la coopetition, cooperation e competition in una sola parola, formula sciocchina coniata da un ideologo entusiasta del renzismo che si chiama Filippo Sensi (credo sia molto giovane e quindi ha ragione, ma io sono abbastanza vecchio per dargli torto). Anche le renzine mandate in televisione parlano come tante lettine, spiccicano banalità l’una sopra l’altra, non sembrano avvedersi di quel che è loro successo, del mandato a fare cose nuove senza lasciare cosa niuna intatta, secondo le parole primarie del secondo segretario fiorentino della nostra storia plurisecolare (scherzo, ma l’andazzo ziovespista, come direbbe Aldo Grasso, è veramente pericoloso).

    Ricapitoliamo. Può avere un senso segnare il tempo in base a un’agenda prudente. Ma c’è un punto, che mi pareva Renzi avesse capito bene, sul quale l’intransigenza è la cosa più prudente che ci sia. Non c’è oggi in Italia una legge elettorale voluta da un Parlamento. Dal novembre 2011 non c’è nemmeno un governo voluto da una maggioranza politico-elettorale di italiani (tale non fu il Monti indispensabile dall’alto, e non è il Letta dall’alto né nella prima necessaria versione né nella seconda superflua e moscia). Insomma, siamo un paese senza autogoverno. A trentotto anni si vince una battaglia campale, nelle condizioni in cui Renzi l’ha vinta, e contro gli ostacoli che ha dovuto superare, solo per rimuovere questi macigni: legge elettorale, voto, autogoverno. Altrimenti non ci si può stupire del cosiddetto disagio sociale eccetera: ci si forconizza, come vittime, come classe dirigente omologata da mandare a casa, molto rapidamente.

    La proporzionale vigente è la conseguenza giuridica residuale voluta da otto parrucconi della Corte suprema su quindici, che hanno scelto una roba ingovernabile di vent’anni fa, che puzza, al posto di una riedizione del maggioritario uninominale, ciò che per sette su quindici sarebbe stato comunque possibile affermare per sentenza, e che era legittimato da un referendum popolare e da una legge approvata da un Parlamento anni fa. Siamo in regime di vuoto spinto, con la regola delle regole, quella appunto dell’autogoverno, timbrata da otto alti funzionari del giure, ma estranea del tutto al volere del popolo, direttamente espresso o rappresentativo. Questo è uno scandalo costituzionale permanente (un coup d’Etat permanent).

    Lo stallo che minaccia di condurre alla sua ultima ruina la Repubblica, il suo Presidente, il premier di un governo debole, e le stesse Camere, va rimosso, è un dovere non un piacere, una necessità non un arbitrio o un capriccio da nuovo leader. Discutere da Vespa fino al prossimo maggio le tecnicalità di una nuova legge? Ma volete morire così giovani, o renziani d’assalto? E’ vero che siete cari agli dèi, ma pensate a invecchiare realizzando il salto, la rottura, la mossa del cavallo di una pacificazione per estenuazione e messa di lato dei guerriglieri civili che hanno mezza distrutta l’Italia (quorum nos o nosotros).

    Matteo ha un senso spiccato e nobile soltanto se, invece di entrare nella chiacchiera, proclama solennemente e ad alta voce, curando le forme di una politica ben comunicata, che l’ora solenne e fatale è scoccata sui colli di Roma. Ieri Emanuele Macaluso con lo stile eccelso di un novantenne di talento (ma non li ha ancora compiuti) ha delineato qui un percorso a suo giudizio inevitabile: legge elettorale, elezioni e dimissioni di Napolitano. Renzi lo prenda come consigliori al posto della Picierno, e vedrà che si troverà bene. Sempre se, come io penso, il suo destino non sia quello di giocare a ramino con la lobby lettiana e con i continuisti dell’establishment.

    L’anticipo di simpatia resta e s’accresce. Perché tutto è molto difficile, soprattutto nelle riunioni romane alle sette del mattino e con la pressione dei media, i rumori dell’asilo d’infanzia, e con il concavo delle istituzioni stabili e immobiliste, che fanno aderire ai loro vizi il convesso della nuova leadership. L’anticipo di simpatia resta perché se è vero che non si deve essere malmostosi, allora bisogna presumere che ce la faranno da soli, sceglieranno il loro tempo e ritmo, i trentenni, come accennano a fare con il sequestro della legge elettorale alla Camera. Ma con tante spinte e controspinte, con tanti sospiri soffiati all’orecchio, a noi tocca una funzione di memoria, come nei computer: muovetevi, cliccate o perdete tutti i file.

    Merlo Così, tra Renzi e Letta, il triumviro Franceschini vive di vecchia rendita

    • Giuliano Ferrara Fondatore
    • "Ferrara, Giuliano. Nato a Roma il 7 gennaio del ’52 da genitori iscritti al partito comunista dal ’42, partigiani combattenti senza orgogli luciferini né retoriche combattentistiche. Famiglia di tradizioni liberali per parte di padre, il nonno Mario era un noto avvocato e pubblicista (editorialista del Mondo di Mario Pannunzio e del Corriere della Sera) che difese gli antifascisti davanti al Tribunale Speciale per la sicurezza dello Stato.