La dieta mancata di Platini, l'amplesso di Mou coi tifosi e il culo della Roma

Jack O'Malley

La scorsa settimana ho letto su siti e giornali che in Francia le società di calcio hanno deciso di non far scendere in campo i propri giocatori per il turno di campionato che andrà dal 29 novembre al 1° dicembre. Il gesto eclatante (vi piace quando sono così scontato, vero?) è stato deciso per protesta contro la tassa molto liberale del 75 per cento sulla parte di salario che supera il milione di euro. Lo confesso: sono rimasto sconvolto. Non pensavo che in Francia avessero un campionato di calcio.

    Londra. La scorsa settimana ho letto su siti e giornali che in Francia le società di calcio hanno deciso di non far scendere in campo i propri giocatori per il turno di campionato che andrà dal 29 novembre al 1° dicembre. Il gesto eclatante (vi piace quando sono così scontato, vero?) è stato deciso per protesta contro la tassa molto liberale del 75 per cento sulla parte di salario che supera il milione di euro. Lo confesso: sono rimasto sconvolto. Non pensavo che in Francia avessero un campionato di calcio. Ero convinto che fossero due o tre squadre di rappresentanza, solite a farsi eliminare nelle coppe europee, tanto per dare un senso al fatto che alla presidenza dell’Uefa c’è un francese sovrappeso (che avendo rinunciato alla dieta da ieri ha deciso di correre per la presidenza Fifa proponendo l’allargamento del Mondiale a 40 squadre). Invece leggo dello sciopero. Allora vado a controllare, guardo un po’ di partite e torno tranquillo: in Francia non hanno un campionato di calcio.

    Altro che Premier League, al solito, dove domenica Mourinho si è lanciato a corpo morto sugli spalti dopo il folle gol vittoria di Fernando Torres contro il Manchester City di Manuel “Rosicone” Pellegrini, che a fine partita non ha voluto stringere la mano al manager dei Blues. Torres è l’ennesimo capolavoro di Mou, peraltro nemmeno voluto. Lo spagnolo arrivò a Londra nel pieno delle sue forze da Liverpool alla corte di Carlo Ancelotti, che riuscì a farlo diventare ancora più bollito di lui: Torres sbagliava gol che persino Robinho avrebbe segnato, veniva criticato da stampa e tifosi ed era la riproposizione di Rosy Bindi in salsa pallonara: più bello che forte. Poi è arrivato Di Matteo, che lo ha fatto tornare decisivo, anche se ancora brutto e incostante. Benítez lo scorso anno ha continuato l’opera, consegnando a Mou un giocatore quasi ritrovato. Ma Mou ha cercato di scaricarlo subito: prima ha voluto, senza riuscirci, Rooney, poi ha preso Eto’o. Ma il camerunense è ormai bollito come Ancelotti, e Fernando ha ricominciato a correre e a segnare come se fosse quello del 2006. Comprensibile l’assalto del suo allenatore ai tifosi sugli spalti, che hanno cominciato a baciarlo.

    La vittoria per 2-1 al 90’ grazie a un retropassaggio sbagliato degli avversari dimostra la verità di un antico adagio del quale quest’anno la Roma si fa interprete verace: per vincere ci vuole anche culo. I giallorossi hanno già superato la fase della supremazia fisica e tecnica, pure quella degli aiutini arbitrali, e si sono calati in quella di preferiti dalla dea Fortuna: Bradley che entra con ancora addosso la muffa della panchina solo perché la Roma rimane in dieci, e segna in quel modo, vuol dire che tutto gira a meraviglia. E tanto per cambiare i giornalisti di colpo sono tutti romanisti. Come ieri tutti erano esperti di Lou Reed. Che riposi in pace, dopo un album come quello con i Metallica probabilmente sarei morto anch’io.