Berlusconi nel paese del cinismo

Giuliano Ferrara

Siamo al dunque che non arriva mai. E’ stato detto tutto. Berlusconi non è solo colpito da una condanna definitiva per frode fiscale. E’ incastrato in un processo surreale per prostituzione minorile e concussione. E’ raccontato nelle motivazioni della sentenza Dell’Utri, per il fumoso concorso esterno in mafia, come il contraente di un patto con Cosa nostra storica, negli anni Settanta e a seguire. Nuovi procedimenti per favoreggiamento e per non so che cos’altro riguardante finanziamenti a poco di buono utili a far cadere Prodi, e oggi pentiti per gola e per paura (vedi il “Lincoln” di Spielberg, altro che le lacrime di coccodrillo per Scola).

    Siamo al dunque che non arriva mai. E’ stato detto tutto. Berlusconi non è solo colpito da una condanna definitiva per frode fiscale. E’ incastrato in un processo surreale per prostituzione minorile e concussione. E’ raccontato nelle motivazioni della sentenza Dell’Utri, per il fumoso concorso esterno in mafia, come il contraente di un patto con Cosa nostra storica, negli anni Settanta e a seguire. Nuovi procedimenti per favoreggiamento e per non so che cos’altro riguardante finanziamenti a poco di buono utili a far cadere Prodi, e oggi pentiti per gola e per paura (vedi il “Lincoln” di Spielberg, altro che le lacrime di coccodrillo per Scola).

    Per chi lo avversa, Berlusconi paga il fio dei reati che ha commesso. I magistrati sono indipendenti e liberi, non politicamente pregiudicati. Il pregiudicato è lui. La questione non è politica ma criminale o di giustizia penale. Per chi lo ama o anche semplicemente lo stima, Berlusconi è vittima di un indecente accanimento. Contro di lui si è proceduto per schemi e teoremi, e tanto gli inquirenti quanto i giudicanti sono per vie diverse in peccato di faziosità, hanno emesso sentenze ingiuste dopo indagini unidirezionali, il che non significa che Berlusconi sia un santo. I santi stanno in terra e in paradiso, ma ben lontani da tutti noi, compresi i giudici di Berlusconi e le tricoteuses.

    Berlusconi è incerto. Lo dicono disperato, ma la definizione non gli assomiglia. E’ incerto sul da farsi. Impaurito dalla prospettiva di una trappola. Incredulo di fronte al trattamento che ha ricevuto dalla giustizia organizzata degli uomini, dalle sue regole piegate ad personam. Potrebbe cercare di favorire una soluzione di clemenza. Il capo dello stato, come avviene in tutti i paesi civili nelle questioni anche solo minimamente controverse che riguardano personalità della storia istituzionale del paese, si dice informalmente disponibile a procedere, ma in forme accettabili nel protocollo ingarbugliato della Grazia presidenziale. E a condizione che sia garantito un ritiro di Berlusconi dalla scena civile. Abbassare la testa sulla questione della eleggibilità e dell’appartenenza a un corpo elettivo, ciò che comunque diventa quasi irrecusabile al momento della statuizione da parte della corte giudicante milanese dell’interdizione, riformulata a passo di carica, per un uomo che ha un’età. La famiglia e la formazione aziendale e amicale di Berlusconi lo consiglia in questo senso. La sua influenza e il suo posto nella storia se li è guadagnati qualunque cosa accada. Resterebbe inoltre il contraente di un patto di governo che per adesso non ha alternative. Come ha ieri disegnato Vincino nella sua umanità un po’ folle ma visionaria, per un vertice di maggioranza, nonostante tutto, i leader di cartapesta della politica postberlusconiana dovrebbero chiedere il permesso al giudice di sorveglianza. Ovvio, tranne che per i manettari di professione, che lucrano sulla devastazione personale di Berlusconi e sulla prospettiva di una lunga agonia.

    Sempre più avvilito e iroso, il popolo di Berlusconi con una parte del suo partito e della sua coorte di militanti diffida di questa non-soluzione. Non è pronta e non è sicura una successione ordinata e razionale. Non esistono garanzie. Anzi, allignano pericoli di procure anche meno disponibili al diritto di quella di Milano, ed è tutto dire. Berlusconi non ha scudi che lo proteggano, a parte la condotta intelligente e coraggiosa dei pochi a sinistra e nel campo della terza forza che vogliono assicurargli il diritto di difesa e uno status politico, non criminale; e la sua ritirata farebbe cadere lo scudo politico per la salvezza di molti, legati a lui, anch’essi sotto il tiro di una lunga stagione di politicizzazione delle indagini e delle sentenze. Senza Berlusconi, dicono, tutto sarebbe perduto. Milioni di voti di fiducia spesi per lui malgrado il cordone giudiziario sarebbero vanificati. Quel pezzo di classe dirigente messo a dura prova dalla vicenda, ma voglioso di liberarsi di un uomo in tremenda difficoltà che ostacola le carriere dei suoi, è secondo loro pronto a “tradire”, concetto-limite che qualche opportunista della prima ora alimenta con i suoi comportamenti riservati, al coperto dei benefici ottenuti da Berlusconi in persona. Nessuna buona azione resterà impunita. Ma anche questo pezzo dell’Italia berlusconiana non sa bene come fare. Spaccare tutto, mettere in crisi il governo, denunciare lo scandalo, implicare di nuovo Berlusconi in persona in una battaglia generale per la giustizia giusta, via elezioni e referendum (le due cose tra l’altro sono incompatibili, le elezioni sostituiscono i referendum, difficili da vincere, e nulla garantisce, nemmeno un ricorso al Tar, che Berlusconi possa vivere questa fase in prima persona, alla vigilia dei domiciliari o dell’affidamento ai servizi sociali).

    La decisione spetta a Berlusconi e solo a lui. Lo riguarda come soggetto collettivo oltre che come individuo. I termini della sua parabola li ha definiti personalmente dal 1994. Qualunque cosa deciderà, alla fine di questo tormento, sarà la benvenuta. Questa è la legge di una leadership personale, che nessuna finta destra di livello europeo e cazzate del genere può sostituire. Non c’è altro da dire e da pensare. Se non che il Cav., non un mafioso né un delinquente contro il fisco né uno sfruttatore di minorenni, ma un uomo comune di talento speciale invischiato in una grande vicenda di politica e violenza delle passioni, ne uscirà comunque nel tempo con tutta la dignità tragica negatagli da un paese cinico.

    • Giuliano Ferrara Fondatore
    • "Ferrara, Giuliano. Nato a Roma il 7 gennaio del ’52 da genitori iscritti al partito comunista dal ’42, partigiani combattenti senza orgogli luciferini né retoriche combattentistiche. Famiglia di tradizioni liberali per parte di padre, il nonno Mario era un noto avvocato e pubblicista (editorialista del Mondo di Mario Pannunzio e del Corriere della Sera) che difese gli antifascisti davanti al Tribunale Speciale per la sicurezza dello Stato.